sabato 23 settembre 2017

Vino di nicchia: Moscato di Saracena il passito dei papi del rinascimento

Moscato di Saracena

Moscato di Saracena: si produce in Calabria il passito amato dai Papi del Rinascimento. Un vino antico ed eccellente che stava rischiando di scomparire, oggi Presidio Slow Food.
Saracena (Cosenza), un paesino di 4500 anime a 600 metri di altezza nel Parco Nazionale del Pollino, non lontano da Castrovillari. Le sue origini risalgono al 900 d.c., epoca in cui in questa zona della Calabria si instaurarono nuclei abitativi di Saraceni, i cui assetti urbanistici si riconoscono ancora nell’intrico di viuzze che formano il centro storico del borgo. L’economia locale è prevalentemente agricola ed è caratterizzata dalla
Moscato di Saracena
produzione dell’olio che, tramandata da generazioni, è effettuata con metodi tradizionali e con concimazione biologica, ma

soprattutto è qui che si produce una delle eccellenze enologiche d’Italia: il Moscato al Governo di Saracena. 
MOSCATO DI SARACENA: UNA FAMA SECOLARE
Quella del Moscato di Saracena è una fama da sempre riconosciuta. Basti pensare a come questo vino e la sua bontà siano citati dallo scrittore inglese Norman Douglas, che, nel 1915, nel suo best-seller “OId Calabria”, scrive: “Molto vicino sorge il prospero paese di Saracena, famoso fin dai secoli passati per il suo Moscato. Lo si ottiene dall’uva portata dai Saraceni da Maskat…”. Appena
Mosto nelle pentole di rame
qualche anno prima, nel 1901, un altro scrittore inglese, George Gissing, nel suo celebre libro “By the lonian Sea” (Sulle rive del Mar Jonio) scriveva: ‘i remenber only, as at all worthy of Sybaris, a palatable white wine called Moscato di Saracena. Appropriate enough amid this vast silence to turn one’s thoughts to the Saracens, who are so Iargely answerable for the ages of desolation that have passed by the lonian Sea…” (ricordo soltanto, come del tutto degno della fama di Sibari, un gradevole vino bianco chiamato Moscato di Saracena. Abbastanza appropriato in questo vasto

silenzio per tornare con la mente ai Saraceni, che furono ampiamente responsabili delle epoche di desolazione vissute dalle sponde del Mar Jonio…”. Ebbene, la fama dei secoli passati citata da Douglas ci riporta alla tavola dei Pontefici romani, dove nel secolo XVI troviamo il “Moscato di Saracena”, molto richiesto e gradito; il Cardinale Guglielmo Sirleto (custode della Biblioteca Apostolica Vaticana e maestro di greco ed ebraico del futuro San Carlo Borromeo) lo faceva arrivare per nave da Scalea e presto a pieno titolo entrò a far parte dell’enoteca pontificia.

UNA COMPLESSA PROCEDURA DI VINIFICAZIONE
Il Moscato di Saracena si produce vinificando uve guarnaccia, malvasia, odoacra e moscatello (un vitigno locale davvero unico la cui coltivazione solo a Saracena raggiunge elevati livelli qualitativi). Le percentuali tra le diverse uve possono essere diverse, ma in genere prevalgono guarnaccia e malvasia e si aggiunge solo una piccola quantità di odoacra, vitigno dall’uva
Vigne di moscato di Saracena
molto profumata e aromatica. Il moscatello, raccolto ad un certo punto della sua maturazione, viene appeso su graticci ombreggiati per 15-20 giorni, passaggio che consente di concentrarne zuccheri e aromi.

Si procede quindi alla selezione degli acini migliori, eliminando quelli ammuffiti o cumunque difettati. Segue una pigiatura molto leggera, effettuata a mano, da cui si ottiene il secondo mosto. I due mosti, quello “passito” e quello “cotto” ricavato dalla bollitura delle altre uve portate fino alla riduzione di un terzo, vengono quindi uniti avviando così un processo di fermentazione del tutto naturale che dura fino a due settimane. Seguono alcuni travasi e dopo circa sei-sette mesi si passa alla fase di imbottigliamento.
aspic al moscato di Saracena e fichi secchi
 Grazie a questa procedura di ottiene un vino splendidamente ambrato, dal profumo intenso, con nette note resinose e aromatiche e spiccati sentori di fichi secchi, frutta esotica, mandorle e miele. Elegante e fine al palato, discretamente persistente, di buon equilibrio e con una piacevole nota amarognola. Il Moscato di Saracena si accompagna in modo ideale alla pasticceria secca come la pasta di mandorle, i bocconotti di pastafrolla con marmellata d’arancia, oppure la frutta fresca come fragole o macedonia. Ottimo anche con i fichi secchi, come quelli infornati e farciti con mandorle, noci e bucce di limone e con i panicelli di uva passa (fagottini di uva zibibbo aromatizzata con bucce di cedro, avvolta in foglie dello stesso agrume e disidratata in forno). Eccellente l’abbinamento con i formaggi erborinati o molto stagionati.
LUIGI VIOLA E LA RINASCITA DEL MOSCATO DI SARACENA
Nonostante le sue antichissime radici, nel corso del tempo il Moscato di Saracena era quasi finito nell’oblio, fatta eccezione per qualche piccola produzione familiare. Ma ecco che a determinarne una vera e propria rinascita che lo ha fatto letteralmente balzare ai primi posti nelle classifiche dei vini più pregiati d’Italia, è stata
l’iniziativa di Luigi Viola, maestro elementare in pensione, da sempre appassionato di agricoltura; dopo aver insegnato per oltre 35 anni, ho deciso di dedicarsi con energia al recupero, alla valorizzazione e alla diffusione di questo vino a rischio di estinzione. Ha così riattivato alcuni vecchi vigneti coinvolgendo tutti i familiari in una produzione che è diventata il fiore all’occhiello di Saracena e dell’intera Calabria: la moglie Margherita e i tre figli Roberto, Alessandro e Claudio, ai quali ha trasmesso la passione e l’amore per la propria terra, sono così
diventati insieme a Luigi – nel frattempo nominato Presidente dell’Associazione Produttori di Moscato – i protagonisti di uno straordinario recupero enologico e i motori di una rinnovata economia locale basata sul moscato. I Viola hanno così via via incrementato la produzione di questo eccellente vino, che una volta arrivato al vaglio del pubblico e degli esperti del settore, non ha potuto far altro che scalare fino al top ogni classifica di eccellenza.

 

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