mercoledì 29 novembre 2017

Champagne Barons de Rothschild





La famiglia Rothschild non ha bisogno di introduzioni nel mondo del vino. Il loro dominio esiste da più di 150 anni, dall’acquisto nel 1853 di Château Mouton-Rothschild a quello nel 1868 di Château Lafite-Rothschild, due dei cinque più grandi châteaux del Médoc. Oggi ci spostiamo nella regione dei Grands Blancs, un terroir champenois conosciuto soprattutto per i sui grandi Chardonnay. Il lavoro minuzioso realizzato per ogni Champagne Barons de Rothschild si inscrive in una demarche qualitativa eccezionale che ne fa la sua rarità. Come due secoli fa, ogni bottiglia riposa nelle cantine dove il silenzio e l’oscurità regnano nel rispetto di un grande champagne che si prepara…
Storia della Maison champenois…
Nel 2005, tre branchie della famiglia Rothschild si sono riunite con un solo obiettivo: acquistare i migliori terroir di champagne per produrre uno spumante di qualità grazie al loro grande savoir-faire. I tre cugini che hanno fondato la maison di Champagne Barons de Rothschild sono Baron Benjamin (proprietario dello Château Clark), Baron Erik (proprietario dello Château Lafite-Rothschild) e la Baronessa Philippine e suo figlio Philippe Sereys de Rothschild (proprietario di Château Mouton-Rothschild). La prima sfida fu quella di acquistare dei terroir di Chardonnay, il vitigno più ricercat, più scarso e più raro della regione. Infatti, lo Chardonnay rappresenta solo il 30% del vigneto champenois.  Fra i 312 villaggi o crus che costituiscono la denominazione dello Champagne, soltando 17 sono classificati in grands crus e 44 in premiers crus. È nel cuore di questi eccezionali e ricercati terroirs che la famiglia Rothschild ha saputo tessere relazioni solide per garantire un approvvigionamento di uve fuori del comune. Come per i loro famosi vini di Bordeaux, la prossimità degli uomini dell’arte e dei loro terreni fa parte dei valori della famiglia da oltre 160 anni. Sebbene Domaines Barons de Rothschild sia la più giovane maison di Champagne, la famiglia Rothschild ha una lunga storia nella regione. Essi sono infatti investitori di altre prestigiose maison di Champagne fin dal dopoguerra. Per cento anni, la famiglia ha dimostrato interesse ed entusiasmo per lo Champagne, una passione che si è materializzata con la fondazione di Champagne Barons de Rothschild.

Un terroir prestigioso
La gamma di prodotti di Champagne Barons de Rothschild include un Brut, un Extra-Brut, un Brut Rosé e un millesimato 2008. Questa elegante lista di vini ha in comune il fatto di esprimere la pura espressione dei migliori Chardonnay della regione della Cotes des Blancs, nel dipartimento della Marne. Un fatto importante del terroir di quest’area è la composizione del suolo: le radici della vigna trovano il gesso a soli 30 centimetri di profondità. Il prezioso contatto con questo elemento dona agli Chardonnay di questa area un’inconfondibile mineralità. I vigneti di Grands Crus e Premier Crus di quest’area sono alla base dell’assemblaggio dei migliori vini di Champagne delle più grandi Maison. Il Blanc de Blancs di Baron de Rothschild consiste in un 100% di Grand Cru di Chardonnay di questa regione. I Pinot Noir provengono dai villages di Verzenay, Ay, Mareuil-sur-Ay e Ambonnay della sub-regione di Montagne de Reims. Questa area si caratterizza per dei suoli ricchi di limo, con un buon drenaggio e tanta mineralità. Le vigne sono coltivate in maggioranza con Pinot Noir, vinificato in bianco e, in una piccola percentuale, in rosso.

Focus su due Champagne di Barons de Rothschild

Champagne Barons de Rothschild: Brut
Il Barons de Rothschild Brut deriva da un blend di un 60% chardonnay (provenienti dai terroirs Grands and Premiers Crus della Cotes des Blancs) e di un 40% di Pinot Noir (dei villages di Verzenay, Ay, Mareuil-surAy e Ambonnay della sotto-regione della Montagne de Reims). Questo blend emblematico contiene un 40% di vini di riserva così da garantire un prestigio e un’ottima qualità negli anni. Il basso dosaggio e i sei mesi minimi di invecchiamento prima dello sboccamento garantiscono un ottimo palato. Il risultato è uno champagne fine e ricco, degno dei migliori della regione. Alla degustazione, il vino presenta un colore dorato. Aromi di pera, nocciola fresca e mandorle si mescolano a delle sottili note di fiori bianchi e brioche. Al palato, questo vino mostra un attacco vibrante e una bella rotondità. 
Champagne Barons de Rothschild: Blanc de Blancs
Il Barons de Rothschild Blanc de Blancs incarna la pura espressione dello chardonnay . Gli Chardonnay provengono dai grands crus di Avize, Cramant, Mesnil-sur-Oger, Oger crus della Cote des Blancs. Il vino invecchia quattro anni e tra 6 e 9 in bottiglia dopo lo sboccamento. Il risultato è uno chamapgne complesso, puro e delicato. L’utilizzo di un minimo di 40% di vini di riserva nell’assemblaggio garantisce una bella consistenza, anno dopo anno. Alla degustazione, il Barons de
Rothschild Blanc de Blancs mostra un bel giallo paglierino e delle bollicine fini e delicate. Al naso, il vino esprime note tipiche dello Chardonnay dominate dal limone, dalla frutta secca e dalle mandorle fresche. L’attacco è preciso e seguito da una delicata freschezza. Sapori di limone e di frutta bianca invadono il palato, confermando i profumi del naso. La fine effervescenza lascia una sensazione cremosa, seguita da una bella mineralità e morbidezza. 

martedì 28 novembre 2017

Enografia e gastronomia della sardegna



Nella suggestiva isola italiana, custode di tradizioni e culture millenarie, il vino ha sempre rappresentato una risorsa importante, una storia antica che ancora oggi è capace di sorprendere
La Sardegna è certamente uno dei luoghi più incantevoli d'Italia, non solo per le meraviglie naturali che si trovano in quest'isola, ma anche per le sue antichissime e ricche tradizioni; un patrimonio indissolubile dalla cultura, dai luoghi e dalla gente che la abitano. Ricche tradizioni e culture si trovano anche nell'antico patrimonio gastronomico, fatto dalle tante tradizioni che si trovano nelle diverse aree e località della Sardegna, unitamente al vino, che in questa terra rappresenta un importante elemento di identità e di storia. Dai vini bianchi fino ai rossi, un percorso enologico che passa anche per le altre tipologie e, fra queste, autentiche rarità, straordinari rappresentanti dell'enologia dell'isola, come la Malvasia di Bosa e la Vernaccia di Oristano. Due meravigliosi esempi di vini dallo straordinario gusto antico, che esprimono il meglio di sé con lunghi tempi di maturazione.
 La Sardegna ha degni rappresentanti anche in altri vini - o per meglio dire - in altre uve. Il Vermentino è l'uva bianca più celebre dell'isola e dalla quale si producono - nell'intero territorio della regione - ottimi vini. Il Cannonau resta ancora l'uva a bacca rossa più celebre dell'isola, anche se da diversi anni stanno salendo alla ribalta altre due uve che hanno saputo dare eccellenti prove di loro nella produzione di vino: Carignano e Bovale. La ricchezza di uve in Sardegna va ben oltre quelle già citate e che rappresentano le più conosciute fuori dalla regione. La Sardegna possiede infatti un patrimonio di uve autoctone piuttosto interessante e, nonostante molte di queste siano state introdotte dagli Spagnoli, dopo secoli di adattamento nel territorio, oggi si considerano fra le uve tipiche della regione. Non mancano, ovviamente, le cosiddette uve internazionali e che spesso si uniscono alle varietà locali, e perfino uve tipiche di altre regioni italiane, come Nebbiolo, Sangiovese, Montepulciano e Barbera.
Secondo studi e ricerche archeologiche, la vite e il vino sono presenti in Sardegna da circa 5.000 anni. Risalgono infatti a quest'epoca i primi ritrovamenti di anfore e coppe nelle zone occupate dai Nuraghi, l'antica popolazione che visse nell'isola. Nonostante l'età di questi reperti archeologici, si ritiene che la vite sia stata introdotta in Sardegna dai Fenici, durante il periodo nel quale occuparono l'isola. Si ritiene, infatti, che l'introduzione della vitis vinifera sia avvenuta nel VII secolo a.C., in modo particolare nelle colonie di Tharros, Othoca, Cornus, Bithia, Karalis e Noca, tutte situate nella costa occidentale. Un'altra importante scoperta archeologica - risalente al IV secolo
Laboratorio enologico
a.C., in epoca romana - testimonia l'importanza storica del vino nell'isola. Nel 1984, nei pressi del Nuraghe Arrubiu di Orrioli - in provincia di Nuoro - è stato ritrovato un “laboratorio enologico” completo di tini e vasche vinarie per la fermentazione e per la conservazione del vino. Nel corso degli scavi sono stati inoltre ritrovati alcuni vinaccioli di varietà non identificabili.
Data la strategica posizione geografica dell'isola nel bacino Mediterraneo, la Sardegna è stata - nel corso dei secoli - oggetto di conquiste da parte dei Fenici, Cartaginesi, Romani, Arabi, Aragonesi, Genovesi, Pisani e - infine - dei Sabaudi. A causa dell'influsso delle popolazioni che si sono succedute nel dominio dell'isola, la viticoltura e la produzione del vino ha fortemente risentito delle tradizioni e delle culture dei diversi popoli, vivendo alterni periodi di declino e di autentico splendore. Fra le popolazioni che hanno maggiormente contribuito allo sviluppo dell'enologia dell'isola si ricordano quelle provenienti dall'Egeo e dalla penisola Iberica. Si deve infatti proprio a queste popolazioni l'introduzione di nuove e fondamentali tecniche viticolturali ed enologiche, così come l'introduzione di nuove varietà di uva, ancora oggi presenti in Sardegna dove svolgono ancora un importante ruolo. Molte delle celebri uve della Sardegna - come Cannonau e Carignano - sono state introdotte dagli Spagnoli, tuttavia il patrimonio delle uve autoctone è piuttosto interessante e capace di produrre ottimi vini.
Un evento fondamentale per la viticoltura della Sardegna - e per l'agricoltura - fu rappresentato dalla promulgazione della Carta De Logu. Fu infatti nel 1392 che Eleonora di Arborea - continuando il lavoro del padre Mariano IV - promulgò questo
fondamentale documento che regolò la viticoltura e l'agricoltura fino al 1827. La Carta De Logu aveva fra i suoi obiettivi, quello di incrementare, tutelare e incentivare la coltivazione della vite e la produzione di vino. Addirittura erano previste pesanti multe e pene corporali per coloro che non ottemperavano alle leggi della Carta De Logu, fino anche a prevedere il taglio della mano a chiunque incendiava vigneti o li spiantava furtivamente. Chi non piantava vigne nelle proprie terre, queste venivano confiscate e concesse ad altri capaci di lavorarle. Alla fine del periodo feudale, scomparve la proprietà rurale e molte delle terre furono destinate a pascoli, poi, nel 1736 - per opera del marchese di Rivarolo - fu ripristinata la Carta De Logu, contribuendo a rilanciare la viticoltura della Sardegna.
 Fu proprio in questo periodo che i vini della Sardegna cominciarono a divenire conosciuti fuori dai confini della regione, in particolare il Cannonau prodotto nelle zone di Nuoro, il Vermentino di Gallura, la Vernaccia di Oristano, la Malvasia di Bosa, il Monica passito, il Girò, il Moscato e il Nasco. Lo sviluppo dell'enologia di Sardegna - qui come altrove - si arrestò con l'arrivo della fillossera: si salvarono solamente le vigne piantate in terreni sabbiosi. Fu solamente all'inizio degli anni 1950 che la viticoltura Sarda riprese il cammino grazie alla nascita di innumerevoli cantine sociali. In questo periodo la produzione era attratta dalla quantità piuttosto che dalla qualità, in particolare per vini rossi colorati e concentrati, con altra gradazione alcolica e spesso usati per il taglio di altri vini. Con l'arrivo della produzione di qualità - che esige basse produzioni nei vigneti - molte delle cantine sociali e private della Sardegna hanno cessato la loro attività. Questo evento - come in altre regioni d'Italia - ha permesso ai vini della Sardegna di raggiungere i grandi livelli di eccellenza dei giorni d'oggi, fra questi anche gli storici e tipici vini dell'isola prodotti con uve autoctone.
Classificazione della Sardegna
I vini della Sardegna sono classificati in accordo al sistema di qualità in vigore in Italia. In Sardegna sono attualmente definite 19 zone DOC (Denominazione d'Origine Controllata) e una DOCG (Denominazione d'Origine Controllata e Garantita), riconosciuta al Vermentino di Gallura. La produzione della Sardegna è piuttosto vasta e interessante: oltre a vini bianchi e rossi, nell'isola si producono ottimi vini dolci e un vino dal sapore antico e complesso: la Vernaccia di Oristano, che meriterebbe certamente maggiore attenzione. Le 19 DOC della Sardegna sono: Alghero, Arborea, Campidano di Terralba, Cannonau di Sardegna, Carignano del Sulcis, Girò di Cagliari, Malvasia di Bosa, Malvasia di Cagliari, Mandrolisai, Monica di Cagliari, Monica di Sardegna, Moscato di Cagliari, Moscato di Sardegna, Moscato di Sorso-Sennori, Nasco di Cagliari, Nuragus di Cagliari, Semidano di Sardegna, Vermentino di Sardegna e Vernaccia di Oristano. In Sardegna - come nelle altre regioni d'Italia - la produzione di vini IGT (Indicazione Geografica Tipica) è molto ricca e interessante, nei quali le uve autoctone sono spesso unite alle cosiddette uve internazionali
Zone di Produzione
In Sardegna la vite è coltivata in tutto il territorio della regione e molti dei vini DOC sono prodotti nell'intero territorio dell'isola. La Sardegna dispone di un patrimonio di uve autoctone piuttosto ricco e le uve introdotte nei secoli scorsi dalle popolazioni che ne controllavano il dominio, sono oggi considerate uve locali. Nell'isola si registra inoltre una presenza di uve internazionali solitamente utilizzate nella produzione di vini aggiunte a quelle locali. Nonostante in tutta la regione si producano diversi tipi di vini, in Sardegna si registra una certa divisione territoriale per quanto concerne la preferenza di produzione di certi tipi. Nella parte centrale e settentrionale si registra una maggiore produzione di vini bianchi, mentre la produzione di vini rossi è maggiormente concentrata nella parte meridionale dell'isola. Le principali uve bianche della Sardegna sono: Malvasia Bianca, Malvasia di Sardegna, Nasco, Nuragus, Semidano, Torbato, Vermentino e Vernaccia di Oristano. Fra le principali uve rosse si ricordano: Bovale, Caddiu, Cagnulari, Cannonau, Carignano, Girò, Monica e Nieddera
Vermentino di Gallura
L'uva bianca dalla quale si producono i vini bianchi più celebri della Sardegna è certamente il Vermentino. Nonostante l'uva produca ottimi vini in tutto il territorio dell'isola, la Gallura - il

territorio che si trova nella parte settentrionale della regione - è la zona più classica e rappresentativa. Il Vermentino di Gallura - l'unico vino DOCG della Sardegna - è estremamente interessante, in particolare la versione superiore, che, in accordo al disciplinare, deve avere almeno 13.5° di alcol. La caratteristica principale di questo vino, di media struttura, è rappresentata dai suoi evidenti aromi e sapori di mandorla. Secondo fonti storiche, il Vermentino arrivò nella Gallura dopo il 1850, probabilmente giunto dalla Francia dopo avere transitato per la Corsica, dove è ancora coltivato. Nella Gallura il Vermentino è l'uva maggiormente coltivata e costituisce circa l'80% della produzione totale, mentre il resto è principalmente rappresentato da Moscato Bianco, Bovale, Caricagiola e Nebbiolo, la celebre uva delle Langhe piemontesi e che qui è utilizzata per la produzione di interessanti vini rossi IGT
Cannonau di Sardegna
L'uva a bacca rossa più celebre della Sardegna - così anche la più coltivata nella regione - è il Cannonau. Nonostante gli storici siano tutti concordi sul fatto che il Cannonau sia stato introdotto in
Sardegna durante il dominio degli spagnoli, non è del tutto chiaro quale sia la varietà originale dalla quale proviene. Si sostiene infatti che il Cannonau sia piuttosto simile al Canonazo - diffuso nell'area di Siviglia - così come al Granaxo di Aragona e, infine - come ipotesi più diffusa - simile alla Grenache Noir. Il Cannonau è coltivato in tutta la regione, tuttavia la zona più tipica è quella della provincia di Nuoro, dove si trovano tre delle quattro sotto denominazioni del Cannonau di Sardegna: Oliena, Nepente di Oliena e Jerzu. La quarta sotto denominazione - Capo Ferrato - è situata nella parte meridionale dell'isola in provincia di Cagliari. Il Cannonau produce vini - soprattutto nella zona di Oliena - con gradazioni alcoliche elevate e strutture robuste, tuttavia l'introduzione delle moderne tecnologie enologiche consente oggi di produrre vini Cannonau eccellenti e molto equilibrati. A causa della sua bassa acidità, il Cannonau è anche vinificato insieme ad altre uve, generalmente autoctone, con lo scopo di migliorare l'equilibrio gustativo

Vernaccia di Oristano
La Vernaccia di Oristano è uno dei più suggestivi vini della Sardegna e che meriterebbe una maggiore attenzione e considerazione da parte dei consumatori. La Vernaccia di Oristano è anche uno dei vini più antichi della Sardegna - le prime notizie
storiche risalgono al 1300 - ed è inoltre il primo vino della regione al quale è stata riconosciuta la DOC, nel 1972. Il vino si produce con l'omonima uva bianca, probabilmente autoctona della Sardegna. Nonostante la Vernaccia di Oristano si consideri a pieno titolo un vino bianco, la sua produzione è piuttosto diversa dalle tecniche enologiche per la produzione di questi vini. La vinificazione, la maturazione e l'affinamento si svolgono ancora secondo gli antichi metodi tradizionali, un processo che spesso fa ritenere questo vino simile al Jerez (Sherry) spagnolo, pur tuttavia mantenendo una propria e precisa identità. La maturazione della Vernaccia di Oristano avviene in botti di castagno scolme, nelle quali si sviluppa una colonia di lieviti (flor) che conferiranno al vino - dopo decine di anni - qualità organolettiche complesse e uniche. Il tempo rappresenta il segreto principale di questo vino, poiché maturando tende a migliorare e a esprimere straordinari aromi di mandorla, nocciola e il suo tipico aroma di rancio
Altre Zone
Oltre alle uve e ai vini descritti, è opportuno ricordare anche altre varietà tipiche della Sardegna e dalle quali si producono interessanti vini. Fra questi la celebre Malvasia di Bosa, prodotta in piccole quantità, dal sapore dolce e che con il
tempo tende a migliorare aumentando la sua complessità e il suo fascino. Per quanto concerne i vini dolci, sono da segnalare il Moscato di Cagliari, il Moscato di Sardegna e il Moscato di Sorso-Sennori. Fra le uve bianche è opportuno ricordare il Nuragus che, dopo essere stata la principale uva in termini quantitativi dell'isola, oggi - grazie alle moderne tecniche enologiche - è capace di produrre vini qualitativamente migliori, lontano da quelli del passato, considerati “rustici” e
Moscato di
Sorso Sennori
modesti. Nella zona di Alghero vanno ricordati i vini prodotti con uva Torbato - di origine spagnola - sia bianchi, sia spumanti. Fra le uve rosse, è opportuno segnalare gli ottimi risultati che negli ultimi anni si stanno ottenendo con l'uva Carignano: vini di corpo ed eleganza che hanno da tempo conquistato i vertici dell'enologia Sarda. Altre uve rosse interessanti della Sardegna per la produzione di vini sono la Monica, il Cagnulari, la Nieddera e il Bovale, spesso utilizzato insieme al Cannonau e al Carignano

La Cucina Sarda

 

è un ricco e antico patrimonio di sapori; ogni area dell'isola aveva, infatti, una tradizione propria e differente. La gastronomia odierna si presenta, quindi, come una standardizzazione su scala macro-regionale di queste singole micro-tradizioni, che sì sono costituite attorno ad un nucleo originale autoctono, legato alla cultura agro-pastorale sarda (formaggi, carni, paste grosse), sul quale sì sono giustapposti gli elementi alloctoni delle civiltà che hanno visitato o dominato l'isola, come i catalani o i pisani.

Famosissimo il pane carasau o carta di musica: è una crosta sottilissima e croccante non lievitata, cotto due volte, è un pane a lunga conservazione, amato dai pastori che ne recavano con loro una scorta, non deperibile, nei periodi di transumanza. Il pane viene preparato in vari modi ed utilizzato spesso a mo' di antipasto; il frattau e il mazzamurru prevedono l'utilizzo di salsa di pomodoro, uovo e pecorino; la preparazione a bruschetta, con olio e sale, prende il nome di guttiau o istiddiau. Su kokkoi prena, reca un'imbottitura di formaggio tenero di capra e menta sminuzzata; raccomandatissime la fainè, focaccia di ceci con cipolla, acciughe e salcicce, di origine genovese, e la suppa cuata, con pane, formaggio e salsa.

Altri succulenti antipasti sono l'ovu ri tunnu, la pregiata bottarga sarda, e le cassatedde fritte di tuma, pastelle a base di acciughe salate e tuma, un rinomato formaggio di capra.

Prelibate e celebri sono le paste grosse od imbottite sarde: i
culurgiones
culurgiones, ripieni con un impasto di formaggio pecorino, patate e menta, o anche uova, ricotta e spinaci, possono essere serviti in bianco o col sugo; i malloreddus, deliziosi gnocchetti, sono di solito preparati alla campidanese, con un sugo a base di salsiccia, pomodoro, alloro, zafferano e pecorino.
malloreddus

Nelle località costiere è diffusa una sensazionale cucina a base di pesce. Gli spaghetti con le vongole si preparano con la pregiata bottarga di mugine. Le lorighittas, diffuse nella provincia di Oristano, sono, invece, dei graziosi anelli formati da una sorta di spaghetti intrecciati: vengono conditi con astice, gamberi e scampi.

La cucina sarda prevede diverse varianti di couscus, detto
lorighittas
fregula, a grana piccola o grossa, cucinato in vari modi: con carne, pesce, servito freddo o col brodo. Da provare la fregula con arselle, cucinata con un sugo a base di pomodoro e bottarga, e il
cashcà di Carloforte.

Giusto tributo alla gloriosa civiltà pastorale, quintessenziale nella gastronomia sarda, è il porceddu, semplice maialino di latte arrostito e servito su un letto di mirto. Altri gustosi spiedi sono i trattalia/cordula, misto di interiora di capretto o pecora arrostite, infilzate in alternanza
Cordula di agnello
col lardo che regala sapidità e nerbo; i tacculas, tordi o quagliette infilzate nel mirto. Una ricetta molto particolare sono i peixedddus de boi: una particolare marinatura di zampe di bue. Molto diffuse sono le varie braci di agnello, capretto e anche cinghiale, quest'ultimo cucinato come spezzatino e brasato nel cannonau: un tempo i pastori cucinavano le carni a carragiu, in una buca a terra, sulle quali si appiccava un fuoco; un sistema di cottura ormai rarissimo a trovarsi, ma che garantisce una cottura di grande delicatezza. Da provare la pecora in capotta del nuorese, bollita con verdure. Come in ogni civiltà contadina sono particolarmente apprezzate le lumache di terra (chiamate cocoiddu o boveris a seconda del dialetto) cucinate in umido, arrosto, impanate, o condite con pecorino, prezzemolo e aglio o col vino bianco.

Ricchissimo il ventaglio di offerte di pesce: fra i piatti tipici
Burrida
non perdete la burrida, a base di razza cucinata con una salsa fatta col fegato del pesce unito alle noci; l'aragosta alla catalana, si condisce con pomodoro e cipolla; il tonno alla carlofortina prevede la cottura nel vino e nel pomodoro. Le
sa merca piatto a base di muggine.

Da provare le panadas, pasta con ripieno di verdure, carni o anguille, rinomate ad Assemini.

Particolare attenzione merita il capitolo formaggio! La Sardegna vanta, infatti, una tradizione casearia rinomata in tutto il mondo, nonché il primato nella produzione di formaggi di latte di pecora in Europa. Affianco ai vari pecorini DOP, pecorino romano dop, fiore sardo dop, (pecorino sardo dop -Video le fasi di lavorazione del pecorino sardo dop) che rappresentano il grosso dell'esportazione, bisogna segnalare all'attento turista gastronomico, una sconfinata produzione di formaggi, freschi a pasta morbida, non stagionati, a volte aromatizzati da muffe nobili, da spalmare: occhio ai vari Pirittas (casizolu,casizolu di montiferru,casizolu di pecora), axridda, biancospino, bonassai, brigante, caciotta sarda, caprino a pasta cruda, casu axedu (ascedo o acido), casu frazigu o becciu, casu friscu, casu spiattatu, dolce sardo, fresa sarda, Ircano, Formaggio di colostro ovino, Pecorino di Osilo, Pecorino di Nule; un discorso a parte merita il Casu Marzu, la cui preparazione prevede l'utilizzo di alcune particolari larve: vietato dalle norme igieniche comunitarie, è in corso una battaglia istituzionale che mira alla ricommercializzazione del prodotto e alla denominazione di origine protetta, attraverso l'utilizzo di larve provenienti da allevamenti controllati.

Strepitoso il catalogo di dolci. Le pardulas si preparano con il semolino e la ricotta; le seadas sono delle ciambelle
Seadas
imbottite di formaggio acido, fritte e innaffiate col miele. Le aranzadas si presentano come dei pasticcini di mandorle, arance e miele. Ancora prelibati dolci di mandorle sono i gesminus e i candelaus.


10 Domande per Sommelier 07/02/2020

Inizia il test 07/02/2020