martedì 28 febbraio 2017

Se la sala piange, la cucina non deve ridere - bisogna rimettere la palla al centro................

Prima i ragazzi volevano diventare calciatori............., oggi aspirano tutti a essere chef. Chiamiamolo effetto Masterchef. Ma l’enfasi
televisiva, a parte creare una congerie di cuochi sottoccupati, mette in ombra il mestiere di camerieri, e maître nei ristoranti stellati. Eppure uno chef può fare miracoli o rivelarsi un bluff, ma è chi ci serve a esaltarne o svilirne il talento.
L’intuizione, la creatività, il talento, l’arte di un grande Chef non puoi certo delegarla, un suo piatto però sì. Vi sono mille ragioni per discuterne per giorni, eppure, a pensarci bene, è già così da sempre, in particolar modo nelle cucine cosiddette d’autore o più semplicemente gurmé.
Per contro, il talento, la passione, la personalità, l’arte dell’accoglienza di un Cameriere o di un Maitre di quelli bravi no, resta affare un tantino più difficile e complesso: in certi casi, quando lui non c’è in sala, si vede e come.
Oggi i cuochi sono le uniche splendenti star dell’universo gastronomico. Li si ritrova dappertutto, occhieggianti dai programmi televisivi, sorridenti sui quotidiani e i periodici, e non solo quelli specializzati. La galassia ristorazione si è così ridotta a una sola dimensione, quella dello chef, trascurando tutto il resto. Le conseguenze?
La situazione del comparto di sala è disastrosa. Non ci sono più ragazzi che si ispirano a grandi maitre. I cuochi hanno eclissato la figura del cameriere, che è diventato un semplice portapiatti, una figura sterile, senza alcuna attrattiva. È fondamentale rilanciare il comparto di sala, ovviamente rispettando la contemporaneità. La preparazione deve essere molto più allargata: il personale di sala deve aver fatto public speaking, deve saper stare davanti a un pubblico, deve conoscere le strategie di comunicazione e del marketing.
Oggi l’unica figura importante in sala è quella del sommelier, perchè mantiene un collegamento con il mondo del vino, che è un prodotto da vendere, perchè comunque esiste il campionato del mondo che aiuta a creare una leadership.
 Io sostenevo e oggi sostengo con più forza :
 “Se in un ristorante mangi male ma in sala ti sei trovato bene torni, viceversa no.”
 Comunque l'effetto Masterchef stà per finire, quindi è ora di rimettere la palla al centro, mi auguro che le nuove generazioni sappiamo sapientemente dialogare, per tornare ad avere grandi chef di cucina e grandi maitre, ma soprattutto ragazzi veramenti motivati a questa professione.

                                                                                                                      di Nicola Tamburrino


sono graditi i commenti.............











I Cocktails nella storia - Il Margarita - il più famoso cocktail messicano

I Cocktail Mondiali di www.vinocibo.it       - bere molto fa male, bere male fa peggio
è il più comune cocktail messicano a base di tequila, ed appartiene ai sour. In latino "margarita" significava perla, in spagnolo è la traduzione della parola margherita.
Secondo quanto afferma William Grimes, autore di Straight Up or On the Rocks: The Story of the American Cocktail, molte persone affermano di aver bevuto Margarita in Messico già negli anni trenta, da cui si deduce che il margarita non fu inventato dopo il 1940.

Proporzioni

Le proporzioni più usate per il margarita sono;
  • 2:1:1 (50% tequila, 25% Triple sec, 25% lime fresco o succo di limone)
  • 3:2:1 (50% tequila, 33% Triple Sec, 17% lime fresco o succo di limone)
  • 3:1:1 (60% tequila, 20% Triple Sec, 20% lime fresco o succo di limone)
  • 1:1:1 (33% tequila, 33% Triple Sec, 33% lime fresco o succo di limone)
sebbene lo standard IBA (Cocktail ufficiali IBA) sia
  • 7:4:3 (7 parti tequila, 4 parti Triple Sec, 3 parti lime fresco o succo di limone)
Il drink è normalmente servito shakerato con ghiaccio, "on the rocks", o mescolato con ghiaccio (il "frozen margarita"); nella ricetta classica è servito nella tipica coppetta detta Sombrero. Il cocktail viene frequentemente servito con sale sul bordo del bicchiere ("Crusta").
Sebbene i margarita più comuni contengano tequila, liquore all'arancia, succo di lime o di limone, e qualche volta un dolcificante aggiuntivo, molte variazioni stanno diventando sempre più comuni. Usare succo di lime imbottigliato (che contiene zucchero) è un altro modo usato per dolcificare il cocktail.

Varianti alla frutta del Margarita

È possibile aggiungere anche succhi di frutta al margarita. Esempi classici sono le seguenti combinazioni:
  • succo di lime con mirtillo;
  • fragola o pesca, con succo di limone;
  • banana, con succo di banana.
Comunque, è bene segnalare che i margarita a base di frutta non fanno parte della definizione di un classico "Margarita".

La storiaTra i tanti candidati per il titolo di "creatore del margarita", se ne possono citare tre:

  • Daniel Negrete (1936), con una combinazione di un terzo di Triple Sec, un terzo di tequila ed un terzo di succo di lime. Il drink non era mescolato ed era servito con ghiaccio tritato.Proporzioni 1:1:1 (33% tequila, 33% Triple Sec, 33% succo di lime).
  • Carlos Herrera (1947), mischiando tequila bianca con succo di limone e Triple Sec, aggiungendo ghiaccio tritato e shakerando il tutto. Proporzioni 2:1:1 (50% tequila, 25% Triple Sec, 25% succo di lime).
  • Margaret Sames (1948), con una parte di Cointreau, tre parti di tequila ed una parte di succo di lime. Sapendo che molte persone bevevano la tequila dopo aver leccato del sale, decise di guarnire il suo cocktail con una crosta di sale. Proporzioni 3:1:1 (60% tequila, 20% Triple Sec, 20% succo di lime).

La classificazione IBA

Fino al 25 novembre 2011 il Margarita era presente nella lista dei cocktails internazionali stilata dall'IBA, poi è scomparso. È però riapparso a fine dicembre 2011. Oltre al classico Margarita, troviamo anche una variante così definita, il Tommy's Margarita con la seguente ricetta:
  • 4.5 cl Tequila
  • 1.5 cl Succo di lime fresco
  • 2 cucchiaini di nettare di Agave
Shakerare e filtrare il cocktail in una coppetta a cocktail.

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lunedì 27 febbraio 2017

I Cocktail nella storia - Alexander -

I Cocktail Mondiali di www.vinocibo.it dalla A alla Z
bere molto fa male, bere male fa peggio


L'Alexander è un cocktail a base di cognac,
con crema di cacao e crema di latte. È stato creato a Londra nel 1922 da Henry Mc Elhone al "Ciro's Club", in onore di una sposa famosa. Pare che il primo nome di questo cocktail fosse Panamà: al posto del cognac si usava il gin. L’Alexander è un cocktail storico, sin dall'inizio nelle file dei cocktail internazionali. La miscela, profumata, è rimasta quasi inalterata. Oltre al gin si è preferita la crema di cacao scura al posto di quella chiara, anche se in realtà per l'effetto scenico è meglio usare la crema di cacao bianca.
Ricetta originale
1/3 gin
1/3 crema di cacao bianca
1/3 panna liquida
Shakerare tutti gli ingredienti e filtrarli in una coppetta a cocktail. Guarnire con una grattugiata di noce moscata
Ricetta IBA
3 cl cognac
3 cl crema di cacao scura
3 cl panna liquida
Shakerare tutti gli ingredienti e filtrarli in una coppetta a cocktail. Guarnire con una grattugiata di noce moscata
Variante: Brandy Alexander
1/3 di brandy
1/3 di crema di cacao bianco
1/3 di panna liquida
Shakerare tutti gli ingredienti e filtrarli in una coppetta a cocktail. Guarnire con una grattugiata di noce moscata 

domenica 26 febbraio 2017

I Cocktails nella storia - Il Mojito - il preferito di Ernest Hemingway

di Nicola Tamburrino               Bere tanto fa male ma bere male fa peggio.........

è un famoso cocktail di origine cubana composto da rum, zucchero di canna bianco, succo di lime, foglie di menta (hierba buena a Cuba) e acqua gasata.

Storia

Si narra che il primo esecutore conosciuto sarebbe Attilio De La Fuente, un barman che lavorava a La Bodeguita del medio un bar a L'Avana capitale dell'isola di Cuba. Entrambi (Attilio e La Bodeguita) divennero famosi in tutto il mondo, proprio perché il Mojito iniziò a essere proposto commercialmente in quei luoghi e in quell'epoca.
Il periodo era quello del proibizionismo dal 1920 al 1933, quando negli U.S.A. era vietato consumare alcolici cosicché diveniva comodo per i turisti statunitensi recarsi nella vicina, ospitale e mondana (all'epoca) città dell'Avana separata dalla Florida da sole 90 miglia. Esistono diverse teorie riguardo l'incerta origine del termine "Mojito". Secondo alcuni, esso sarebbe legato al "mojo", un condimento tipico della cucina cubana a base di aglio e agrumi, usato per marinare. Un'altra teoria lo lega alla traduzione della parola spagnola mojadito, che significa "umido". Un'ultima ipotesi, considerata comunque la meno attendibile, fa risalire l'etimologia della parola al termine vudù mojo, che significa "incantesimo".

Preparazione

Ricetta originale

  • Rum bianco cubano (5cl.)
  • lime;
  • 2 cucchiaini di zucchero di canna raffinato bianco
  • un rametto di menta (6-8 foglie)
  • ghiaccio a cubetti
  • acqua gasata (o acqua di Seltz o soda). Usare un bicchiere del tipo tumbler alto.
Si prepara ponendo sul fondo del bicchiere due cucchiaini di zucchero di canna bianco e il succo di mezzo lime. Gli ingredienti vanno amalgamati insieme e a questo punto si aggiunge la menta che non deve essere pestata ma solo leggermente premuta e mescolata insieme al succo e allo zucchero (questo accorgimento fa sì che dalla menta non si sprigionino le note amare), successivamente si unisce il ghiaccio, il rum bianco (o Havana Club 3 anni) e infine l'acqua gasata. Il composto ottenuto viene poi servito con una cannuccia e un rametto di menta decorativo.
L'unica opzione permessa a Cuba è l'aggiunta finale di Angostura, si ottiene così un "Mojito criollo".
(Nota): la hierba buena a Cuba è un'erba spontanea che si trova facilmente, il suo aroma è più delicato e meno persistente della menta selvatica o mentuccia che si trova in Italia.

Ricetta europea

Al di fuori di Cuba il Mojito si è ormai diffuso in una variante non corretta conosciuta come "versione europea" o "Mojito sbagliato" oppure "Mojito pestato". Si prepara ponendo sul fondo del bicchiere il lime a pezzi e lo zucchero di canna grezzo. A questo punto si amalgama il tutto schiacciando vigorosamente con il pestello (muddler) aggiungendo poi la menta premuta delicatamente, il ghiaccio tritato e infine il Rum bianco. Tecnicamente dunque il cocktail che si ottiene con questo sistema non è un Mojito, bensì una Caipirissima alla menta.

Ricetta analcolica

Esiste anche una versione analcolica del Mojito che generalmente è denominato "Virgin Mojito". Si prepara nella versione del Mojito sbagliato e il rum è sostituito dalla gassosa (sprite, seven-up) o dal ginger-ale.

Ricetta "Baxeichito"

Questa variante nata a Genova a fine anni '90 nella Ostaia de Banchi riprende la formula classica del "Mojito pestato", ritrattandola usando il basilico (rigorosamente genovese) anziché la menta, conferendo quel gusto tipicamente ligure. Va servito con ghiaccio 5 o 6 foglie di basilico, meglio se dentro a un coccio. Per moltissimi il baxeichito (dal genovese baxeicou = basilico) surclassa in modo evidente per gusto e freschezza il normale mojito.

Ricetta Mojitaly

Il Mojitaly è un'altra variante del Mojito, che prevede l'utilizzo (al posto del rum) della Branca Menta. Un cocktail rinfrescante, presentato come long drink, da bere idealmente dalla primavera in avanti. Al posto del lime si può prevedere anche l'utilizzo del mapo, un agrume ibrido tra il mandarino e il pompelmo.

Curiosità

La leggenda racconta che il primo mix di menta e alcool sia stato utilizzato dai pirati dei Caraibi. Costretti a stare per mesi sulle navi, soffrivano spesso di dolori addominali.
"El Drake" (o Draque) in onore del famoso corsaro era una miscela di tafia (primitivo distillato di canna) limone o limetta e Hierba Buena, ovvero una menta particolare con gambo relativamente grosso e succoso, donato secondo la leggenda dalla Vergine Maria, e considerata rimedio ad alcuni malanni.
Il Mojito era uno dei cocktail preferiti da Ernest Hemingway, insieme al Daiquiri ("Mi mojito en La Bodeguita, mi daiquiri en El Floridita").

sabato 25 febbraio 2017

I Cocktail nella storia - Vesper - il preferito di James Bond

di Nicola Tamburrino               Bere tanto fa male ma bere male fa peggio.........





Il Vesper è un grande, grandissimo cocktail, una variante del cocktail Martini inventata dallo scrittore Jan Fleming nel romanzo Casino Royal del 1953, dove il mitico James Bond lo vuole shaken, not stirred, che tradotto sarebbe agitato e non mescolato.

E proprio questa è la grande differenza che lo rende unico e inimitabile e così diverso dal padre.

La ricetta che non esiste più

Ma apriamo subito una partentesi molto importante sugli ingredienti del Vesper originale, su cui verte un dibattito molto acceso: gin, vodka e Kina Lillet, un vermut aromatizzato al chinino, che conferiva una marcata nota amarognola.
Bene oggi la Lillet non produce più questo vermut, per cui nella ricetta ufficiale si suole usare il Lillet Blond, un vermut profumatissimo che è tutto il contrario dell’originale, fin troppo dolce per essere un vermut dry. Il vero Vesper Martini di James Bond è molto difficile da riprodurre, bisognerebbe usare essenza di chinino: chissà che un giorno qualcuno ci riesca…
La questione su quale sia il vermut più adatto da usare rimane aperta e molti sono i barman che non usano più il Lillet, ma il consiglio è: scegliete prodotti veri, artigianali e ricordate che il vermut è un vino e quindi se prodotto su scala industriale raramente riuscirà ad essere di altissima qualità.

Differenze tra Vesper e cocktail Martini

Ma torniamo a noi, a parte questo, le altre due grandi particolarità del Vesper rispetto al Martini sono l’aggiunta della vodka e il fatto che sia shakerato, processo che lo rende più leggero, fresco e agile.
Certo un amante die hard del Martini guarda al Vesper con sospetto e vi dirà che è un Martini annacquato, e in parte ha ragione, perché agitando violentemente gli ingredienti nel ghiaccio il grado alcolico si abbassa e il cocktail si allunga, ma ciò non toglie che la piacevolezza del Vesper sia unica.
Ma bando alle ciance andiamo alla ricetta del cocktail tanto amato da James Bond!

Ingredienti e dosi del cocktail Vesper Martini

  • 6 cl di gin
  • 1,5 cl di vodka
  • 0,75 di Lillet Blonde o del vostro vermut dry preferito
  • scorza di limone

Come preparare il Vesper Martini perfetto

Raffreddate una coppetta Martini.
Mettete tutti gli ingredienti nello shaker o Boston con alcuni cubetti di ghiaccio e agitate per 10 secondi.
Buttate il ghiaccio dalla coppetta e versate il cocktail filtrando e lasciatevi ipnotizzare dal colore opalescente di questo nettare.
Prendete la scorza di limone tra le dita e schiacciatela sopra il Vesper Martini, profumandolo con gli oli essenziali del limone, che rilasciano una splendida ventata di freschezza.
Ed ecco pronto il Vesper, da sorbire rigorosamente mentre leggete il capolavoro di Flaming!

mercoledì 22 febbraio 2017

I° raduno ex alunni - I.P.S.S.A.R. G. Marchitelli di Villa Santa Maria


Raduno ex allievi - 26 e 27 aprile

clicca sul link e riempi il form
vi aspettiamo..............





Mercoledì 26 Aprile
Ore: 10.00 – Accoglienza a Scuola (Consegna “Passi”, Compilazione “Scheda di partecipazione”, conferma “Prenotazione Buffet” , visita dell’edificio scolastico e/o Convitto).
Ore 11.00 – “Bentornato tra noi” (Incontro con alcuni ex alunni sul loro percorso formativo e professionale)
Ore 13.00 – Gli ex alunni presenti alla manifestazione si ritroveranno tutti nell’area antistante la Chiesa di Santa Maria in basilico dove ci saranno i saluti del Comitato promotore, il suono della campanella e l’appello. Seguirà il pranzo preparato in loco a cura dell’Organizzazione.
Ore 17.00 – Santa Messa in suffragio degli alunni e dei docenti  defunti concelebrata dai nostri ex alunni: don …
Durante l’intero pomeriggio, per i ragazzi interessati, sarà possibile avere dei Colloqui di lavoro (reali e/o simulati) con gli ex alunni per eventuali proposte di lavoro.
Ore 18.00… Musica, balli e canti per tutti…
Cena: Porchetta, arrosticini… Birra!!!
Giovedì 27 Aprile
Ore 10.00 – “Incontri di lavoro”  (domanda – offerta) tra gli Ex alunni e apertura del “Tavolo delle idee” (incontro tra gli ex alunni per condividere eventuali progetti futuri e collaborazioni professionali)
Ore 13.00 – Buffet di congedo per quanti si saranno prenotati entro il 13 Aprile.
Saluti del Dirigente Scolastico, del Sindaco, dell’Organizzazione
Il suono della campanella chiuderà il 1° Raduno.

Alla Manifestazione saranno, naturalmente, invitati anche tutti gli ex Insegnanti per dare anche a loro l’opportunità di ritrovare i “vecchi” alunni e ritrovarsi con “più vecchi” colleghi…

lunedì 6 febbraio 2017

La storia delle bollicine - lo Champagne



Si dice che fu il monaco Dom Perignon ad inventare lo champagne, ma questa è forse una verità da prendere con qualche riserva. In questi distretti, originariamente, si producava soprattutto vino rosso,
ma nel 1600 si cominciarono a produrre con vitigni neri vini bianchi, appena rosati o di colore buccia di cipolla, vin gris. Questi vini diventano leggermenti frizzanti a causa della lunga fermentazione interrotta. Durante l'inverno la fermentazione resta ferma, per poi rincominciare con le temperature più alte della primavera, dando un'extra tocco di frizzante ai vini. Dom Perignon (1613-1715) nel monastero di Hautvillers, si interessò della proprietà frizzante del vino e, nello stesso periodo, alcuni pellegrini tornarono dalla Spagna con un nuovo fantastico materiale per sigillare le bottiglie, il tappo di sughero. Contemporaneamente, in Inghilterra, si cominciavano a produrre bottiglie con vetro più spesso, in grado di resistere all'elevata pressione che si forma nelle bottiglie durante la seconda fermentazione primaverile. Queste due innovazioni tecniche erano sicuramente le condizi  perché lo champagne potesse nascere, ma Dom Perignon fu sicuramente il primo che riuscì a produrre un vino completamente bianco dall'uva nera, e fu lui, inoltre, il primo a tagliare i vini di diverse annate, provenienze e varietà facendo, così, le prime cuvée di champagne. La champagne, come l'Alsazia, è stata al centro di tante battaglie durante innumerevoli guerre. Sembrerebbe che tutti, dai soldati romani, agli unni di Attila e alle truppe di Hitler abbiano trovato la strada per lo champagne. Forse è questa una delle ragioni perché tante vedove hanno avuto un ruolo di rilievo nella produzione dello champagne. La prima, e forse la più famosa, è Nicole Barbe Ponsardin che divenne vedova nel 1805 di Francois Clicquot, alla giovane età di venticinque anni. Da sola, riusci nell'impresa di creare la ditta Clicquot Ponsardin, e con l'aiuto di bravi venditori, quasi inondò la Russia con il suo vino, chiamato a san Pietroburgo Klikovskoje. E chi non ha sentito parlare della vedova Clicquot oggi? La vedova Clicquot ha, inoltre fatto molto per migliorare le
tecniche  di produzione dello champagne. Così sviluppò, sul suo tavolo da cucina il metodo del remuage. Altre vedove famose sono Louise Pommery, che nella metà del 1800 conquistava il primato sul mercato inglese; la bella Odette Pol Roger che illuminava gli ippodromi nel Bois de Boulogne con le sue mise e cappelli eleganti e aveva Winston Churchill
come cliente affezionato; e, per ultima, ma non meno importante, Elisabeth Bollinger, che, durante la seconda guerra mondiale, disse ai tedeschi: "Mais messieurs, se prendete tutto il mio champagne adesso, non avrete nulla per festeggiare la vittoria".
Clima: la champagne è la zona viticola più settentrionale della

Francia con un clima marittimo, fresco e umido. i venti freddi dall'atlantico portano pioggia e nebbia. le temperature estive sono abbastanza basse e il gelo può causare gravi danni sia in primavera che in autunno.
I Distretti della champagne: geograficamente la regione Champagne è divisa in cinque distretti: sui pendii a sud del capoluogo Reims si trova Montagne de Reims e più giù, nella vallata del fiume Marnes, Vallée de la Marne, e a sud del fiume si estende il distretto Cotes de blancs. Ancora più a sud, verso Parigi, come due isole, troviamo Cote de Sezanne e Aube. Nelle città di Epernay e Reims, la maggior parte delle case nella Champagne hanno le loro sedi e le loro cantine imponenti in gallerie chilometriche nella roccia di gesso.
Terreno: su una roccia di gesso, con uno spessore fino a 300 m. c'è un sottile strato di terra coltivabile fatto di sabbia, marna, argilla e breccia di gesso.
Vitigni: il vitigno nobile,
pinot nero: dà dei vini ricchi, strutturati, di buona stoffa e rototondità. I vigneti migliori si trovano sui pendii delle montagne di reims.
Il pinot meunier: risulta più rustico, ed essendo resistente al freddo, all'umidità e alle muffe, prospera dove il pinotnero non cresce bene, ma il pinot meunier da vini con meno profumi e finezza e con un carattere più semplice, fruttato e con una nota monerale.
Lo chardonnay: si coltiva soprattutto nella zona della Cote de Blanc, dove dà dei vini splendidi per leggerezza, fraschezza, finezza ed eleganza. Qui troviamo una serie di ottimi vigneti grand cru, dove i vini acquistano un tocco in più di concentrazione e ricchezza. I vini che si producono solamente con lo chardonnay, i cosiddetti blanc de blanc, sono di colore chiaroe hanno profumi morbidamente fruttati con la nota elegante proprio del vitigno. I vini fatti unicamente con i vitigni neri, blanc de noirs, hanno un colore più ptofondo, dorato con un carattere più intensamente fruttato. Del balnc de noirs si fa , comunque, molto poco e quasi tutto lo champagne viene prodotto da un uvaggio di tutti e tre i vitigni.


Classificazioni: le uve dei distretti vengono classificate con un sistema molto particolare, echelle de crus. I vigneti vengono graduati secondo un punteggio da 100 a 80, dove i vigneti grand cru hanno 100 punti, i premier cru 99-90 e le posizioni meno favorevoli 90-80 punti. In passato erano i vignaioli stessi a stabilire i prezzi delle uve, e quelle con vigneti grand cru furono pagate al 100% del prezzo mentre i premier cru dovevano accontentarsi di circa il 95%. Oggi la CEE non permetti più dei prezzi fissi, e dalla vendemmia del 1990 è la Comité Interprofessional du vin de champagne (CIVC) che stabilisce un prezzo orientativo, il quale, naturalmente, segue la stessa scala di prima. 17 paesi hanno lo status grand cru: Puisieulx, Sillery, Mailly, Verzanay, verzy, Beaumont, sur Vesle, Louvois, Bouzy, e Anbonnay sui declivi di Montagne de Reims; Ay e Tours sur Marne nella vallée de la Marne; Chouilly, Oiry, Cremant, Avize, Oger e Mesnil sur Oger nel Cote de blanc. Nella stessa zona troviamo, anche, 38 paesi classificati premier cru.
Vinificazione: per fare del vino bianco da uva nera, bisogna pigiare l'uva il più veloce possibile per evitare che le bucce diano colore al mosto. Per questa ragione, l'uva viene pressata vicino ai vigneti con dei torchi particolari, a gabbia bassa, che producono una pressatura veloce e uno scorrimento rapido del mosto. Ci vogliono 4000 Kg. d'uva per 2665 litri di mosto (un'ventuale eccedenza non si può usare per lo champagne). La prima pressatura, vins de cuvée, che dà 2050 litri, viene usata per i vini migliori. La seconda pressatura, premiere taille, dà 410 litri, mentre dalla terza, deuxieme taille, si ottengono 205 litri. Tanti produttori non usano mai il deuxieme taille per i loro vini, ma qualli meno scrupolosi possono allegramente produrre champagne a basso prezzo che per la maggior parte contiene proprio il deuxieme taille. Dopo la pressatura, il mosto viene messo in botti e venduto a una delle circa 150 case di champagne, dove la fermentazione avviene in modo consueto. Tradizionalmente, in dicembre, si usava spalancare le porte delle cantine per far entrare l'aria fredda allo scopo di bloccare la fermentazione del vino. Oggi si controlla la temperatura artificialmente, e non si è più dipendenti dal tempo metereologico.


Il Metodo champenoise:Uno ei momenti più delicati della produzione dello champagne è il taglio della cuvée. La maggior parte degli champagne sono fatti con un taglio di vini di diverse annate, diversi vitigni e diverse zone. Si tratta, quindi, di mescolare vini giovani, con acidità alta, per creare una cuvée che, dopo la seconda fermentazione, sviluppa quel sapore e quel carattere che lo champagne standard della casa deve avere, un compito da esperti. Nelle annate buone si produce anche lo champagne mellesimato, preferibilmente con le uve dei vigneti migliori e dalla prima spremitura. Ogni produttore di champagne che si rispetti produce anche uno champagne di prestigio: Moet &Chandon fu il primo con il suo Dom Perignon, il Cristal Brut di Roederer deve il proprio nome alla bottiglie di cristallo nella quale il vino veniva esportato alla corte dello Zar. Veuve Cliquot Ponsardin ha chiamato il suo vino di prestigio, semplicemente La Grande Dame; Pommery fa il suo Louise Pommery e Pol Roger un cuvée Sir Winston Churchill, per onorare il suo più famoso sostenitore. Questi vini sono, ovviamente prodotti solo dalle annate  migliori dei vigneti grand cru. Dopo che il taglio è stato fatto, si aggiunge un liquer de tirage, che consiste di vino, lievito e zucchero; il vino così tratato viene quindi imbottigliato nella sua bottiglia definitiva di vetro doppio. Poi si chiude la bottiglia con un tappo corona e la seconda fermentazione può iniziare, ed è questa la seconda fermentazione in bottiglia, la parte fondamentale del metodo champenoise. I vini spumenti più semplici possono fermentare la seconda volta in autoclave, il cosidetto metodo cuve close o metodo charmat. Esiste un metodo ancora più semplice per rendere un vino frizzante, aggiungere anidrite carbonica. Ma per fare lo champagne l'unico metodo permesso è il metodo champenoise. Ora nella bottiglia il grado alcolico sale a circa il 12% e l'anidrite carbonica che si forma crea una pressione di 5 o 6 atmosfere. Crémant de champagne (che ormai si produce raramente) ha una pressione più bassa, 3 o 4 atmosfere, ma un cremant prodotto in altri distretti, come l'Alsazia, la Borgogna, il Limoux e la Loira ha la stessa pressione dello champagne. Durante la seconda fermentazione, si forma un deposito, sul quale, prima di separarlo, si lascia maturare il vino per un minimo di un anno, per lo champagne non vintage, e 3 anni per il vintage. Il deposito consiste in cellule  morte di lievito, ed è la decomposizione di queste cellule, l'autolisi, che dà allo champagne il suo bouquet e il suo gusto caratteristico di crosta di pane. Dopo il periodo a contatto con i lieviti, se ne separa il vino con un metodo che si chiame remuage. le bottiglie vengono posizionate orizzontalmente in particolari supporti, pupitres, dopo di che, ogni giorno, vengono ruotate, scosse e alzate di qualche millimetro da un remueur allo scopo  di smuovere il deposito che si è formato lungo la bottiglia, per farlo scivolare, lentamente, verso il collo della bottiglia, dove andrà a depositarsi sul tappo a corona. Oggi, si mette un piccolo contenitore di plastica nel collo della bottiglia per raccogliere il deposito. Quest'operazione manuale richiede, normalmente otto settimane e oramai lo si usa solo per lo champagne della qualità più alta. Oggi esiste un altro metodo, un pupitre compiuterizzato, che ha sostituito il remuage manuale, il girosol (in champagne chiamato gyropalette), inventato dai produttori dello spumante Cava, che può contenere circa 500 bottiglie che vengono ruotate, scosse e alzate in solo una settimana. Ora, quando la bottiglia ha raggiunto la posizione verticale e il deposito è finito sul tappo, il prossimo passo, degorgement, è di rimuovere l deposito. Per fare questo, il collo della bottiglia viene immerso in una  salamoia refrigerante, in modo da congelare il deposito, si stappa la bottiglia e, per la pressione interna, il "tappo" del deposito congelato viene espulso dalla bottiglia. Si perde solo una piccola parte del vino, perché la pressione si é ridotta a causa del raffreddamento. Il vino, ora, è praticamente secco, ed è adesso che si decide il futuro grado zuccherino dello champagne. La bottiglia viene colmata con il liqueur d'expédition, una miscela di vino e zucchero. Questa procedura, il dosage, decide se il risultato finale sarà un brut o un doux.
Gradazioni di zuccheri residui consentiti:
 Brut           
 < 15    
 g/litro         
 Extra sec
 12-20
 g/litro
 Sec
 17-35
 g/litro
 Demi sec
 33-50
 g/litro
Doux
> 50
g/litro
Queste gradazioni sono indicative, dal momento che nello champagne non esistono regole fisse per il tenore in zuccheri residui per le varie tipologie e, inoltre, ogni roduttore decide sul proprio stile. Extra sec si colloca, in genere, tra brut e sec e, inoltre, esistono degli champagne senza zuccheri residui che vengono definiti in vari modi: ultra brut, non dosage, brut sauvage, brut zero, brut cent pour cent, sans sucre ecc. I vini giovani, d'alta acidità, richiedono più zucchero dei vini più maturi. Si può anche dire, in generale, che più secco è il vino, più alta è la qualità. Infatti, con un pò di zucchero si possono mascherare tanti difettucci.
Champagne Rosé: tradizionalmente lo champagne rosé si otteneva aggiungendo un pò di vino rosso di Bouzy alla cuvée prima della seconda fermentazione. Oggi, tante case buone di champagne hanno incominciato a produrre un vino rosato dal pinot nero, facendo macerare le bucce per un breve periodo. In questo modo si ottiene uno champagne rosé di una qualità ben diversa per profumi fruttati fini e con pronunciato carattere di pinoto nero. Ma il prezzo diventa molto più alto.


10 Domande per Sommelier 07/02/2020

Inizia il test 07/02/2020