sabato 30 settembre 2017

La Campania vitivinicola - un po di ripasso è sempre utile.



Greco di Tufo (12), Fiano di Avellino (10), Taurasi (1) e Aglianico
del Taburno (2): sono i vini più famosi della Campania, espressione di straordinarie uve bianche e rosse, eccellenti rappresentanti di un'antica cultura enologica.
La Campania è una regione affascinante sotto molti aspetti. Storia, cultura, arte e tradizione,
hanno da sempre contraddistinto questa antica terra in ogni aspetto della vita sociale della sua gente. Nella cultura e nella tradizione della Campania, il vino e il cibo hanno sempre svolto un ruolo fondamentale, un elemento indissolubile con la storia di questa regione. Dal punto di vista
vitivinicolo, la Campania è una terra capace di raccontare decine di storie affascinanti che prendono forma nelle tante uve autoctone della regione e nei suoi tanti vini celebri, a partire dal Falerno, uno dei vini più antichi d'Italia e che rese onore all'enologia dello stivale prima ancora dei tempi degli antichi
romani. Per quanto affascinante possa essere la storia del vino Falerno, la Campania è ovviamente molto di più, un insieme di piccole e grandi realtà locali, ognuna di queste espressione di un mondo e di una tradizione assolutamente unica.
 La tradizione enologica della Campania ha origini molto antiche che risalgono ai tempi precedenti agli antichi romani. Sarà tuttavia durante il periodo dell'impero romano che la Campania inizierà a conoscere un fiorente sviluppo, tanto da fare giungere i suoi vini anche al di fuori dei confini del nostro paese. Si racconta che gli antichi romani, e in particolare gli imperatori di Roma, avevano una particolare predilezione per i vini della Campania. Grazie alle favorevoli condizioni climatiche e la particolare qualità del suolo, nella regione si crearono ottime
Casavecchia
condizioni per la coltivazione della vite e per la produzione del vino. Molti dei celebri vini antichi erano prodotti in Campania: il Caleno, il Faustiniano e, in particolare, il Falerno, considerato a quei tempi un vino talmente pregiato tanto da non avere rivali. Sono molti infatti gli autori di quell'epoca a decantare le qualità del vino Falerno,
Palagrello nero
compreso Plinio il Vecchio. Lo splendore enologico della Campania di quei tempi consentì anche lo sviluppo e il perfezionamento delle pratiche viticolturali ed enologiche.
 La storia dell'enologia in Campania inizia con l'arrivo degli antichi greci nelle terre che più tardi prenderanno il nome di Magna Grecia. Con molta probabilità furono i greci a introdurre i semi della vitis vinifera in Campania, tanto che la
Sciascinoso
maggioranza delle uve oggi considerate autoctone di questa regione sono di origine greca. Le principali uve autoctone della Campania, come Aglianico, Greco Bianco, Fiano, Falanghina, Biancolella e Piedirosso, sono, con molta probabilità, uve di origine greca. In particolare l'Aglianico, il quale nome si suppone derivi dall'antica città di Elea (oggi Novi Velia) e quindi Eleanico, oppure dalla corruzione del termine Ellenico, cioè “dalla Grecia”. L'influsso della cultura enologica degli antichi greci è ancora oggi visibile nelle tecniche di coltivazione ad “alberello” e nel
Piedirosso
modo in cui si potano le viti. Il contributo dei greci sarà fondamentale per il successo dei vini della Campania che si registrò in epoca romana.
 In epoca romana Pompei assunse un'importanza enologica molto elevata, non solo per la considerevole quantità di osterie che qui si trovavano - e nelle quali il Falerno non mancava mai - ma soprattutto per essere il principale centro commerciale vinicolo della Campania. Dai porti di Pozzuoli e di Sinuessa partivano infatti decine di migliaia di ettolitri che raggiungevano così i paesi del Mediterraneo e la Gallia.
Aglianico
Il prestigio del Falerno era tale che un'anfora di questo vino poteva addirittura valere il prezzo di uno schiavo. Purtroppo dell'antico Falerno non si hanno notizie certe sulla sua produzione e in particolare sulle uve. Plinio il Vecchio riferisce che questo vino si produceva con l'uva Falerna o Falernina, mentre Virgilio sosteneva che si producesse con le antiche uve Aminee provenienti dalla Tessaglia. Il prestigio
Forastera
del rinomato Falerno finì con le sorti dell'impero romano: da vino eccellente divenne vino sconosciuto con un degrado notevole nella qualità.
 Con la fine dell'impero romano, inizia infatti il declino dell'enologia Campana: da produttore di grandi e raffinati vini, divenne in fretta un'area di completo disinteresse per il vino, fino a giungere al Medioevo, quando si registrò uno dei periodi più cupi per la vite e per il vino
Biancolella
in questa regione. Probabilmente una delle cause di questo declino fu dovuta al fatto che in Campania - contrariamente a quanto accadeva altrove - la produzione di vino era prevalentemente affidata a piccoli produttori: qui non si registrò il forte influsso dei monasteri e della loro opera di conservazione e sviluppo in campo vitivinicolo. Tuttavia, anche nel periodo Medioevale, alcuni dei vini Campani conobbero un discreto successo. Alla corte di Federico II era presente infatti il Fiano e nel 1300 fu la volta dell'Asprinio, coltivato ancora oggi da alcuni produttori secondo l'antico sistema della vite maritata, un segno della cultura Etrusca in
Pallagrello bianco
queste terre. La spiccata acidità dell'Asprinio fece comprendere già nel 1300 le sue potenzialità nella produzione di vini spumanti, tanto che nel 1700 molti commercianti francesi e ungheresi arrivavano fino ad Aversa per acquistare le uve da usare per la loro produzione di vini con le bollicine.
 Bisognerà attendere l'epoca rinascimentale e barocca per registrare un nuovo, seppure modesto, rilancio dei vini Campani. Fu questo
Coda di volpe
infatti il periodo nel quale la Campania enologica era rappresentata dai celebri vini Mangiaguerra, Aglianico, Asprinio, Fistignano, Falanghina, Corsara, Cerella, Lagrima, Coda di Cavallo e i tanti tipi di Greco. Il 1700 segnò il nuovo declino dell'enologia campana, periodo nel quale si registrò solamente l'interesse per le pregiate uve Pallagrello Bianco e Nero, che dopo un periodo di oblìo, sono state recentemente riscoperte. Nonostante l'oidio e la fillossera arrivarono in Campania molto più tardi che altrove, la viticoltura subì danni ingentissimi. Dopo un periodo non proprio
Greco bianco
nobile, passato fra il recupero dell'antico patrimonio e l'introduzione di nuove varietà, l'enologia campana riprenderà la via della qualità a partire dagli anni 1980. Negli ultimi venti anni i vini della Campania stanno registrando incredibili successi e notevole interesse da parte dei consumatori, un interesse che riguarda sia i bianchi sia i rossi. Greco di Tufo, Fiano di Avellino, Falanghina, Taurasi e le diverse espressioni dell'imponente
Fiano
Aglianico, sono solamente alcuni dei tanti vini che oggi fanno della Campania una delle regioni più interessanti d'Italia dal punto di vista enologico.
 I vini della Campania, esattamente come tutte le altre regioni d'Italia, sono classificati in accordo al sistema di qualità in vigore nel paese. Per molti anni, l'imponente Taurasi era l'unico vino della Campania ad essere riconosciuto con la Denominazione d'Origine Controllata e
Falanghina
Garantita. Dal 2003, il Taurasi non è più solo in questa categoria, poiché è stato affiancato nella categoria DOCG dalle altre due perle dell'enologia regionale: Greco di Tufo e Fiano di Avellino e dal 2011 dall’Aglianico del Taburno. Nella regione si producono anche interessanti vini classificati nella categoria dei vini a Indicazione Geografica Tipica (IGT), prodotti sia con uve autoctone, sia con uve
asprinio
“internazionali”. Attualmente in Campania sono definite 15 zone a Denominazione d'Origine Controllata, e precisamente: Aversa, Campi Flegrei, Capri, Castel San Lorenzo, Cilento, Costa d'Amalfi, Falerno del Massico, Galluccio, Guardiolo o Guardia Sanframondi, Irpinia, Ischia, Penisola Sorrentina, Sannio, Sant'Agata dei Goti, e Vesuvio.
La produzione vinicola della Campania riguarda l'intera regione, tuttavia una maggiore concentrazione si registra nella provincia di Avellino - area dalla quale provengono Taurasi, Greco di Tufo e Fiano di Avellino - e di Benevento, i quali vini appartengono in gran parte alle interessanti DOC Sannio e Taburno. Il patrimonio ampelografico della Campania è estremamente ricco, in particolare
Ischia
di uve autoctone, che dopo essere state ignorate per anni in favore delle varietà “internazionali” - esattamente come accadeva in altre regioni d'Italia - negli anni 1990 sono state riscoperte e valorizzate come certamente meritano. I vini più interessanti della Campania sono infatti prodotti con uve autoctone, sia bianche sia rosse, un autentico tesoro che la regione riesce a sfruttare pienamente caratterizzando in modo assolutamente unico la produzione enologica della Campania. In questo senso, l'esempio

della Campania dovrebbe essere seguito anche altrove in Italia, poiché ogni regione dello stivale è ricca di uve autoctone tali da rendere assolutamente unica ogni area vinicola.
 Nei vini Campani è piuttosto insolito trovare nelle composizioni la presenza di uve “internazionali”: la parte del protagonista in questa regione spetta alle uve autoctone. Fra le uve a bacca bianca autoctone della Campania si ricordano Asprinio, Falanghina, Fiano, Greco Bianco, Coda di Volpe, Pallagrello Bianco, Biancolella e Forastera. Interessante anche il gruppo delle uve autoctone a bacca rossa, a partire dall'Aglianico - il re di questa regione - al quale si uniscono
Vite secolare di aglianico
Piedirosso (qui detto Per'e Palummo, Piede di Colombo), Sciascinoso, Pallagrello Nero e Casavecchia. In particolare, il Casavecchia, dimenticato per anni e recentemente riscoperto con ottimi risultati, è un'uva dalle eccellenti qualità capace di produrre vini rossi di estrema eleganza e riccamente colorati, poiché il suo contenuto di antociani è superiore a quello dell'Aglianico. Fra le aree vinicole della Campania, una particolare attenzione merita l'eroica quanto tenace viticoltura che si pratica nelle isole della regione, in particolare a Ischia, che vanta la produzione di eccellenti vini bianchi da uve Biancolella e Forastera.
TAURASI E AGLIANICO
L'Aglianico è l'uva che più di ogni altra ha consentito ai vini rossi della Campania di imporsi anche al di fuori dei confini regionali. Nonostante l'Aglianico sia coltivato ovunque nella regione, la sua zona di elezione rimane l'Irpinia, in provincia di Avellino, dove si produce il vino rosso più rappresentativo della Campania: il Taurasi. Conosciuto anche come il Barolo del Sud, il Taurasi è un vino prodotto interamente con Aglianico, molto ricco, concentrato e complesso, elegante e sorprendente: un vino che difficilmente lascia l'appassionato indifferente. In Campania, Aglianico non significa unicamente Taurasi. Con questa eccellente uva si producono infatti anche la Docg aglianico del Taburno, in provincia di Benevento, altra ottima zona per i vini rossi prodotti con quest'uva. Sempre in provincia di Benevento, l'Aglianico è protagonista dei rossi dell'area del Sannio. L'Aglianico è inoltre l'uva principale nella produzione dei vini dell'area DOC di Falerno del Massico, in provincia di Caserta.
GRECO DI TUFO E FIANO DI AVELLINO
 Fra i tanti vini bianchi della Campania, due in particolare sono riusciti a mettersi in evidenza, arrivando anche, nel 2003, ad ottenere il riconoscimento della Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG). Greco di Tufo e Fiano di Avellino, entrambi prodotti in provincia di Avellino, sono infatti i bianchi più celebri della Campania, unitamente a quelli prodotti con l'eccellente Falanghina. Il Greco di Tufo, che prende il nome dall'omonima località e che si produce anche nella versione spumante, è composto in larga parte da Greco Bianco e in minore percentuale dalla Coda di Volpe, è un vino bianco secco di corpo e piuttosto fresco. Più profumato invece il Fiano di Avellino, grazie appunto al contributo dell'uva omonima, che i latini chiamavano Apianum, poiché le api erano solite posarsi sui grappoli appesi ad appassire in attesa di diventare vino dolce. Il Fiano di Avellino è un vino elegante e sorprendente di profumi, tuttavia complesso e di buona struttura, spesso aumentata anche dalla maturazione in botte, una pratica utilizzata da alcuni produttori locali.

ALTRE AREE DI PRODUZIONE

Molte sono le aree vinicole interessanti della Campania, fra queste quelle della provincia di Caserta, in particolare Aversa, patria del celebre Asprinio, e Falerno del Massico, l'area che mantiene in vita, benché con vini completamente diversi, il glorioso passato di questo celebre vino tanto apprezzato in tempi antichi. L'area del Vesuvio si distingue per la produzione del suo Lacryma Christi, apprezzato già dal 1500 nella versione dolce, oggi è prevalentemente prodotto nella versione secca come bianco, rosso e rosato. Di particolare interesse è l'affascinante isola d'Ischia dove si producono eccellenti vini bianchi da uve Forastera e Biancolella e rossi con uva Piedirosso. Nella zona di Benevento è da segnalare la vasta area del Sannio, dove operano diverse cantine sociali, e dalla quale si producono interessanti vini bianchi e rossi. Una particolare citazione spetta alla riscoperta di tre uve antiche e che oggi, grazie alla tenacità di pochissimi produttori in provincia di Caserta, continuano a regalare piacevoli e interessanti vini: Pallagrello Bianco, Pallagrello Nero e Casavecchia.

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