Valle dei laghi |
Il Vino
Santo Trentino si ricava esclusivamente dal vitigno autoctono nosiola
(coltivato su circa 110 ettari che rappresentano l’1,5% della produzione di uva
trentina) che ha trovato la sua zona di elezione nella Valle dei Laghi, la
valle percorsa dall’antica strada romana che metteva in comunicazione la valle
dell’Adige con il Garda, caratterizzata da una quantità di piccoli laghi di
origine glaciale e da un clima mite favorito dalla vicinanza del Garda. Per
produrlo si utilizzano i grappoli spargoli (quelli con acini radi)
provenienti da vecchi vigneti posti in pochi e distinti appezzamenti, i soli che permettono il lunghissimo appassimento (solo il 10% dei vigneti di nosiola della Valle dei Laghi è ritenuto idoneo dai produttori per l’appassimento, quindi poco più di 10 ettari complessivi in tutto per i cinque produttori esistenti).
provenienti da vecchi vigneti posti in pochi e distinti appezzamenti, i soli che permettono il lunghissimo appassimento (solo il 10% dei vigneti di nosiola della Valle dei Laghi è ritenuto idoneo dai produttori per l’appassimento, quindi poco più di 10 ettari complessivi in tutto per i cinque produttori esistenti).
I grappoli
ben maturi, raccolti tardivamente, sono stesi su graticci detti arele e
collocati sulle soffitte. La costante ventilazione è garantita tutto l’anno
dalla cosiddetta “ora del Garda”, il caratteristico e celebre vento che soffia
dal vicino lago di Garda. L’appassimento si protrae per oltre cinque o sei
mesi, fino alla Settimana Santa (di qui il nome). La muffa nobile, botrytis
cinerea, si sviluppa esclusivamente all’interno dell’acino accentuandone la
disidratazione, e con l’azione combinata del tempo e del vento, provoca un calo
dell’80% e oltre. Il che significa che da 100 chili di uva nosiola fresca si
ottengono appena 15, 18 litri di mosto di Vino Santo. Terminata la pigiatura,
il mosto è travasato in piccole botti di rovere dove inizia la fermentazione
naturale che, per l’elevatissima concentrazione degli zuccheri, procede molto
lentamente: per almeno sei, otto anni. Dopo l’imbottigliamento ricomincia la
vita di questo vino, che si protrae
oltre i cinquant’anni. Un tempo il Vino
Santo era considerato una sorta di medicinale: corroborante e rinforzante nelle
diete dei convalescenti. Oggi può essere a pieno titolo considerato “il passito
dei passiti”: nessun altro vino, infatti, rimane in appassimento naturale così
a lungo.
Questa antica tradizione sopravvive grazie alla tenacia di cinque viticoltori, che oggi fanno parte di un Presidio, per riuscire a valorizzare il loro lavoro. In vigna, seguono i principi dell'agricoltura biologica e biodinamica, praticando solo diserbo meccanico, sostituendo i fertilizzanti con la pratica del sovescio oppure interrando preparati biodinamici e limitandosi a usare rame e zolfo per contrastare malattie e parassiti.
Area di produzione Comuni di Calavino, Cavedine, Lasino, Padergnone, Vezzano (provincia di Trento)
Uva nosiala passita |
Questa antica tradizione sopravvive grazie alla tenacia di cinque viticoltori, che oggi fanno parte di un Presidio, per riuscire a valorizzare il loro lavoro. In vigna, seguono i principi dell'agricoltura biologica e biodinamica, praticando solo diserbo meccanico, sostituendo i fertilizzanti con la pratica del sovescio oppure interrando preparati biodinamici e limitandosi a usare rame e zolfo per contrastare malattie e parassiti.
Area di produzione Comuni di Calavino, Cavedine, Lasino, Padergnone, Vezzano (provincia di Trento)
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