Il Chianti è
fra i vini rossi italiani più conosciuti nel mondo: patrimonio della Toscana da
secoli, la sua produzione si divide fra “Chianti DOCG” e “Chianti Classico
DOCG”. Scopriamo dunque la storia e le caratteristiche di questo vino, la cui
qualità è
apprezzata ovunque nel mondo e che deriva da una accurata scelta
degli uvaggi, nonché dalla maestria dei produttori vinicoli, retaggio di una
sapienza antica.
Zona di produzione del Chianti e del “Chianti
Classico”
All’inizio
del 1700 il Chianti (non siamo ancora al Chianti Classico) viene ricordato un
‘piccolo primato’: si tratta, infatti, del primo vino nella storia che le
autorità del tempo cercarono di regolamentare,
attraverso un “antenato”
degli odierni disciplinari di produzione. Fu Cosimo III, Granduca di Toscana,
ad emanare infatti già nel 1713 delle norme atte a stabilire i confini
della zona di provenienza del Chianti e le modalità della sua
produzione. Fu tuttavia nella prima metà del 1800 che il Chianti, più o
meno nella veste col quale lo conosciamo attualmente, venne
“teorizzato”: questa paternità è da attribuire al contributo di molti esperti enologi e viticoltori ma, in modo speciale, a Bettino Ricasoli.
Chianti classico |
“teorizzato”: questa paternità è da attribuire al contributo di molti esperti enologi e viticoltori ma, in modo speciale, a Bettino Ricasoli.
Questo
agricoltore ed enologo, grazie anche alle sue competenze e conoscenze
politiche, riuscì a far apprezzare anche al di fuori dei confini italiani quel
suo vino particolare, prodotto per la prima volta nel Castello di Brolio
(Arezzo). Attraverso la scelta di un particolare uvaggio, infatti, Ricasoli
riuscì a produrre un vino che, per la sua qualità, cominciò ad essere presto
molto richiesto sia in Italia che all’estero (soprattutto in Inghilterra).
Purtroppo,
parallelamente alla fama del Chianti, si moltiplicarono anche i tentativi di imitazione
a suo danno: la necessità di una regolamentazione a tutela dei produttori e
della qualità del vino
venne per la prima volta sancita dal “Consorzio per
la difesa del vino tipico del Chianti e del suo marchio di origine”, che
nelle prima metà del Novecento raccoglieva 33 produttori vitivinicoli della più
antica (“Classica”) zona di produzione.
Castello di Brolio |
Nel 1967 il
vino Chianti ricevette l’attestazione DOC (Denominazione di
Origine Controllata), mentre l’ambita DOCG (Denominazione di
Origine Controllata e Garantita) venne assegnata meno di vent’anni dopo,
nel 1984. All’interno di questa DOCG viene riconosciuto anche il Chianti
Classico DOCG, regolamentato da un proprio disciplinare di produzione
riconosciuto per legge dal 1996.
Il vino
Chianti DOCG è attualmente prodotto nelle province toscane di Arezzo,
Firenze, Pisa, Pistoia, Prato e Siena; il territorio
di produzione è
articolato in diverse sottozone geografiche, precisamente quelle
conosciute con il nome di Colli Fiorentini, Rufina, Montalbano, Colli Aretini,
Montespertoli, Colline Senesi e Colli Pisane.
Castello d'Albola |
Vitigni utilizzati e invecchiamento del Chianti
Il vino Chianti
DOCG viene prodotto utilizzando uve del vitigno Sangiovese
per almeno il 75% del totale, seguite dal Canaiolo nero (fino ad un
massimo del 10%) e da altri vitigni (in purezza o combinati) come il Trebbiano
toscano e la Malvasia del Chianti (anche qui per un massimo del
10%). Infine, possono concorrere alla produzione del Chianti tutte quelle uve
raccomandate e/o autorizzati nella zona di produzione, fino ad un 15% per il
Chianti
tout court, e fino ad un massimo del 20% per il Chianti che, in
etichetta, ha un preciso riferimento alle sottozone geografiche di produzione
(per esempio “Colli Aretini”, “Colli Senesi”, “Colline Pisane”).
Isole e Olena |
La
produzione massima per ettaro è compresa, a seconda della zona, fra 75 e 90
quintali, mentre la resa in vino dell’uva non deve essere superiore al 70%.
Infine il vino Chianti, per avere diritto alla specificazione “Riserva”,
deve essere fatto invecchiare per almeno 24 mesi, dei quali tre in
bottiglia.
Per il Chianti
Classico DOCG le uve Sangiovese devono concorrere per almeno
l’80% del totale dell’uvaggio; è consentito aggiungere, fino ad un massimo del
20%, anche altri vitigni locali come ad esempio il Colorino e il Canaiolo
nero o di altra provenienza, purché raccomandati e/o autorizzati nella zona
di produzione (come, ad esempio, il Merlot o il Cabernet Sauvignon).
Inoltre, la resa massima dell’uva a ettaro è di 75 quintali, mentre la
resa
dell’uva in vino non può superare il 70%; questo fa sì che le produzioni di Chianti Classico siano di una cinquantina di ettolitri per ettaro.
dell’uva in vino non può superare il 70%; questo fa sì che le produzioni di Chianti Classico siano di una cinquantina di ettolitri per ettaro.
Secondo il
disciplinare di produzione, la commercializzazione del vino Chianti può essere
effettuata solo a partire dal 1° ottobre dell’anno successivo alla
vendemmia, mentre per la denominazione “Riserva” l’invecchiamento minimo
obbligatorio previsto è di 24 mesi, dei quali almeno tre devono
essere trascorsi per un periodo di affinamento in bottiglia. In etichetta,
infine, deve essere chiaramente specificata l’annata di produzione delle
uve.
Caratteristiche organolettiche e chimiche del Chianti
Il colore
del vino Chianti DOCG è un bel rubino vivace che, con l’invecchiamento,
tende a presentare riflessi granato. L’odore richiama sentori floreali
ed in particolar modo di viola e mammola, e con il procedere della maturazione
tende a diventare sempre più spiccatamente fine. Il sapore è asciutto,
leggermente tannico ed armonico; man mano passa il tempo, il gusto tende a
diventare via
via sempre più vellutato ed equilibrato.
Radda in chianti |
Il titolo
alcolometrico volumico totale deve essere superiore ad 11.5° per la
tipologia “Chianti” e per i vini provenienti dalle zone “Colli Aretini”, “Colli
Senesi”, “Colline Pisane” e “Montalbano”; per i vini con attestazione “Superiore”
e prodotti nelle sottozone “Colli Fiorentini”, “Rufina”, “Montespertoli” il
titolo alcolometrico volumico totale minimo è invece di 12°. L’estratto
secco netto minimo è di 19 grammi/litro per il “Chianti”, di 21
g/l per i vini provenienti dalle varie sottozone e di 22 g/l per quelli
con la specificazione “Superiore”.
Nel vino Chianti
Classico DOCG il colore deve essere intensamente rubino, con profumi
floreali e di frutti rossi. Il sapore è asciutto, pieno e intensamente e
tannico; con il procedere della maturazione, questo si affina sempre più
diventando vellutato e morbido al palato. La gradazione alcolica minima per il
vino Chianti Classico è di 12° per quello giovane, mentre il “Riserva”
deve avere un contenuto volumico in alcol almeno di 12.5°.
L’estratto secco netto minimo è di 24 grammi/litro, mentre l’acidità
totale minima non deve essere inferiore al 4.5 per mille.
Modalità di servizio e abbinamenti per il Chianti
Non si può
parlare di un solo “Chianti”, ma di numerose tipologie di questo vino:
pertanto, anche gli accostamenti fra vino e tavola sono specifici per le
differenti denominazioni. Ad esempio, il Chianti “Colli Aretini” è un vino da
tutto pasto che accompagna zuppe saporite, carni grigliate e
stufati, ma anche il pesce in umido.
Insieme al “Montalbano” e al
“Colline Pisane” questo vino viene considerato fra i più leggeri, fruttati,
sottili e poco alcolici: per questo, per essere apprezzato al meglio va servito
a temperature di circa 16-18°C. Mentre il Chianti “Montalbano” esalta
particolarmente le carni alla brace e quelle in umido, il “Colline
Pisane” si adatta particolarmente ad arrosti, preparazioni sia di carne che di
pesce in umido, oppure zuppe di legumi.
Cantine Antinori |
Fra i vini
più robusti e strutturati, e per questo anche con un maggiore tenore alcolico,
la temperatura di servizio consigliata è fra i 18 e i 20°C. I
Chianti delle tipologie “Rufina”, “Colli Senesi” e “Colli Fiorentini” sono, a
causa della loro robustezza,
particolarmente adatti per accompagnare carni arrosto, brasati, cacciagione e selvaggina (come, ad esempio, ricchi piatti a base di capriolo, cinghiale, lepre o fagiano). Da soli, possono anche essere apprezzati vini da meditazione come, in particolar modo, il “Rufina”.
particolarmente adatti per accompagnare carni arrosto, brasati, cacciagione e selvaggina (come, ad esempio, ricchi piatti a base di capriolo, cinghiale, lepre o fagiano). Da soli, possono anche essere apprezzati vini da meditazione come, in particolar modo, il “Rufina”.
Sia il
Chianti normale che il “Classico” esaltano i formaggi stagionati e
saporiti come, ad esempio, il Pecorino Toscano.
Per i vini
più maturi è bene stappare la bottiglia almeno un paio d’ore prima del
consumo, in modo tale da poter permettere al vino di riossigenarsi e di
sprigionare i caratteristici aromi; ove necessario, può essere consigliato
anche l’utilizzo di un decanter.
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