lunedì 26 marzo 2018

Enografia della Nuova Zelanda

si divide in dieci principali regioni produttrici di vino, ciascuna delle quali caratterizzata da forti diversità di clima e suolo. Le differenze di clima possono essere illustrate dalla variazione della data di raccolta dello Chardonnay: nelle zone vinicole più calde e più umide del nord di Northland, Auckland e Gisborne, questo vitigno viene raccolto alla fine di febbraio o inizio marzo, mentre nel Central Otago, il vigneto più a sud del mondo, lo Chardonnay viene vendemmiato alla fine di aprile; una differenza di 6-7 settimane. La Nuova Zelanda è costituita da due grandi isole che  separano le regioni vinicole: la North Island, comprendente sei regioni di produzione e la South Island che ne comprende quattro.
North Island
Northland
Le prime vigne in Nuova Zelanda furono piantate nel Northland nel 1819. La regione è oggi in piena espansione anche se resta la più piccola del paese. Northland possiede il clima più caldo del paese, che spiega perciò la popolarità del Cabernet Sauvignon, del Merlot e dello Chardonnay, i tre vitigni più piantati nella regione. I vigneti, piantati su suoli argillosi poco profondi e sottosuoli argillo-sabbiosi e vulcanici, sono situati essenzialmente in pianura o su pendenze molto leggere.
 Auckland
I distretti tradizionali di produzione della regione di Auckland sono Henderson, Kumeu e Huapai a nord-ovest della città di Auckland. Per il clima caldo e umido, le varietà più utilizzate sono il Cabernet Sauvignon, il Merlot e lo Chardonnay ma anche il Sauvignon blanc, il Semillon e altri vitigni bianchi sono piantati anche se in maniera residuale. La regione si estende su 556 ettari su suoli poco profondi, limacciosi e a predominanza argillosa.
Waikato – Bay of Planty
In queste regioni i vigneti sono più piccoli per dimensione media (147 ettari in totale), ma in costante espansione. La produzione di vino è qui principalmente concentrata sullo Chardonnay ma importante è anche la produzione di Cabernet Sauvignon e Sauvignon blanc. I vigneti in queste due regioni godono di un clima abbastanza caldo in rapporto alla media della Nuova Zelanda e possiedono suoli di limo pesante e sottosuoli di argilla.
Gisborne:
Con 2197 ettari di vigneto, Gisborne è il terzo vigneto neozelandese per estensione. Situato
Gisborne
nella zona più orientale del paese, è anche il vigneto più a est del mondo e le vigne ricevono i primi irraggiamenti di sole ogni giorno. Le pianure costiere, protette a ovest da una catena montuosa, ricevono un elevato numero di ore di sole ogni giorno. Il suolo è tendenzialmente limaccioso di origine alluvionale con sottosuolo sabbioso o vulcanico di moderata fertilità. Lo Chardonnay occupa circa la metà dei vigneti tanto che la regione è chiamata “la capitale dello Chardonnay” della Nuova Zelanda. Le superfici sono impiantate principalmente di varietà a bacca bianca lasciando ai vitigni a bacca rossa non più del 10% della superficie coltivata.
Hawkes Bay:
Questa regione viticola conta circa 4945 ettari di vigneto, posizionandosi come seconda più
Hawkes Bay
grande regione vitivinicola del paese e con una tradizione viticola di oltre 100 anni. La topografia varia molto e la grande diversità di tipologie di suolo produce una gamma considerevole di differenti stili di vino. Lo Chardonnay è il vitigno più impiantato, ma il forte irraggiamento permette la coltivazione di vitigni caratterizzati da maturazioni tardive quali il Cabernet Sauvignon, il Merlot, il Cabernet France la Syrah, insieme a vitigni a maturazione più precoce come il Pinot Noir.
Wairarapa:
Wairarapa è la sola zona vitivinicola della regione di Wellington, all’interno della quale si
Wairarapa
trova la più conosciuta e storica area di  Martinborough. Il Pinot Noir è il vitigno più piantato e certamente più celebre  della regione; notorietà derivante dall’essere una regione di produzione estremamente dinamica ed orientata alla qualità. Ufficialmente è la sesta regione per estensione di vigneti (882 ettari) ma, pur limitata in termini di produzione annua, apporta comunque un grande contributo per qualità alla reputazione dei vini neozelandesi.
South Island 
Nelson:
E’ l’ottava regione vitivinicola neozelandese per estensione ma qui si producono vini di
Nelson
estrema eleganza. I vigneti coprono una superficie di 861 ettari ed è l’unico vigneto dell’isola ad essere situato sulla costa ovest. Protetto dalle forti precipitazioni dalle montagne, questa regione beneficia di un clima rigido ma pur sempre temperato dalla vicinanza del mare. I produttori di Nelson sono specializzati nei vitigni che ben si adattano a temperature fresche: Chardonnay, Sauvignin blanc, Riesling, Pinot Noir rappresentano oltre l’80% della superficie viticola della regione.
Marlborough:
Marlborough è la più importante regione vitivinicola della Nuova Zelanda, con 16787 ettari piantati a vite equivalenti al 52% del vigneto complessivo di tutto il Paese. Situata a nord-est
Marlborough
della South Island, questa regione produce il 67% di tutta l’uva prdotta nel Paese. La maggior parte del vigneto è piantato lungo la costa di Wairau; da qualche anno la coltivazione della vigna si è anche estesa verso il sud est ove il clima è decisamente più freddo.  Il suolo è spesso povero di elementi e con una bassa fertilità, componenti che apportano ai vini prodotti qui degli aromi molto interessanti. I suoli più irrigati e un po’ più fertili sono invece adatti alla produzione di vini più erbacei. Marlborough è una delle regioni più irradiate dal sole e secche di tutta la Nuova Zelanda; è caratterizzata da giornate calde e notti piuttosto fredde e un autunno lungo e secco che permette all’uva di maturare molto lentamente sviluppando molti aromi. La forte escursione termica tra giorno e notte è inoltre un fattore chiave per la produzione di vini con un carattere unico ed inimitabile: il Pinot Noir, in condizioni climatiche di questo tipo, sviluppa una forte concentrazione di antociani che rendono i vini derivati di un colore rosso intenso. Quando si è iniziato a produrre vino nella regione di Marlborough nel 1973, era difficile prevedere il successo che avrebbe poi avuto questa regione e che i suoi prodotti potessero diventare venti anni dopo i più prestigiosi di tutto il paese. La regione è conosciuta nel mondo intero per i suoi Sauvignon blanc dal carattere unico: si presentano in genere con un’esplosione di sentori di frutta tropicale con un attacco affilato dovuto all’acidità, il tutto con un grande equilibrio tra freschezza e corpo del vino. Lo Chardonnay è in Nuova Zelanda generalmente più secco e leggero che in altri paesi del mondo  sviluppando aromi di melone e agrumi mentre i Riesling di questa regione possono essere veramente sorprendenti ma sono molto difficili da trovare fuori dal paese per le basse quantità prodotte. Nella regione si producono inoltre dei vini effervescenti con metodo tradizionale che sono molto apprezzati.
Canterbury – Waipara:
Canterbury, che conta 1760 ettari vitati, è costituita da due aree principali di produzione del
Canterbury
vino: la pianura intorno alla città di Christchurch, dove l’uva è coltivata dal 1970, e la più recente area della valle di Waipara. Lo Chardonnay e il Pinot Noir sono i vitigni più coltivati e rappresentano insieme oltre il 60% della superficie viticola della regione; il Riesling è la terza uva più presente seguita dal Sauvignon blanc.
 Central Otago:
Central Otago
Central Otago è la regione viticola situata più a sud nel mondo e all’altitudine maggiore di tutta la Nuova Zelanda. E’ inoltre la sola regione vitivinicola neozelandese ad avere un clima continentale con notevoli escursioni termiche giornaliere e stagionali che favoriscono lo sviluppo di profumi intensi, colore profondo e grande struttura ai vini.  Centra Otago è una regione vitivinicola giovane a forte espansione e registra oggi il settimo vigneto per estensione (1561 ha) di tutto il paese. Il Pinot Noir è decisamente il vitigno dominante, seguito da una buona presenza dello Chardonnay e poi Sauvignon blanc e Riesling a seguire.

venerdì 23 marzo 2018

Viticoltura ed enologia dell'Australia

Nonostante la maggioranza della produzione dell'Australia sia limitata ad una determinata zona, questo paese dimostra, anno dopo anno, di essere uno dei protagonisti dell'enologia mondiale
L'Australia è il paese al quale si pensa piuttosto per la ricchezza della sua particolare fauna e flora, per i suoi suggestivi incontaminati e selvaggi luoghi, piuttosto che per i suoi ottimi vini. Di certo i produttori Australiani si sono dati molto da fare in modo da fare conoscere i prodotti della loro enologia, la cui produzione è prevalentemente esportata all'estero. Lo sviluppo dell'enologia Australiana è stata, forse, fra le più rapide ed efficienti di tutto il mondo, una storia piuttosto recente e un eccellente livello qualitativo raggiunto in poco tempo, non solo, aggiungendo anche un carattere di tipicità ai propri prodotti, sia con l'apporto di tecnologia sia con l'uso della botte, fino ad arrivare a creare una vera e propria impronta unica e, soprattutto, “Australiana”.Forse il segreto del successo del vino Australiano è stata l'adozione, fin dai primi momenti del “rinascimento” della loro enologia, di avanzate tecnologie enologiche e di pratiche all'avanguardia, un passo che ha consentito un rapido sviluppo e un livello elevato; non a caso i più famosi “flying winemakers” (enologi volanti) del mondo provengono appunto dall'Australia e vengono spesso chiamati da aziende vinicole Europee e Americane in modo da avvalersi della loro collaborazione e competenza.L'Australia è attualmente l'ottavo produttore di vino del mondo e ha un consumo pro capite di circa 20 litri, attestandosi al diciottesimo posto fra i consumatori di vino del mondo. Di fatto, in Australia si produce più vino di quanto se ne consumi, una condizione che impone una forte strategia commerciale rivolta in buona misura all'estero, fino al punto ad avere una quota di esportazione di vino verso alcuni paesi occidentali, come per esempio negli Stati Uniti d'America, prossima a quella degli storici produttori Europei come l'Italia e la Francia. Va comunque considerato che uno dei fattori principali per il successo dell'enologia Australiana e che ha contribuito alla loro diffusione e al loro apprezzamento, è senz'altro l'ottima qualità offerta ad un prezzo accessibile e ragionevole. Ovviamente, questo si verifica in termini generali, come in ogni paese vinicolo del mondo, esistono le dovute eccezioni; ci sono vini Australiani il cui costo è elevato tanto quanto quelli delle più blasonate cantine Europee o Americane.
La storia della viticoltura e dell'enologia Australiana è, rispetto agli altri paesi vinicoli d'Europa, relativamente giovane. Si ritiene che la vite fu introdotta in Australia nel 1788 dall'allora governatore, capitano Arthur Phillip, che riportò a Sydney, di ritorno da uno dei suoi viaggi all'estero, degli esemplari di viti provenienti, non dall'Europa, ma da Rio de Janeiro e da Capo di Buona Speranza (Sud Africa). Queste viti furono piantate nelle tenute del governatore che risultarono essere dei buoni terreni per la coltivazione della vite ma non per la produzione di vino. Il governatore non si diede per vinto e decise di ripetere l'esperimento e piantò un nuovo vigneto nel giardino in una proprietà a Parramatta, poco a nord di Sydney. Questo terreno risultò essere molto più adatto del precedente, tanto che incoraggiò Phillip a fare richieste ufficiali al governo inglese perché fossero inviati in Australia degli esperti in viticoltura e in enologia. Per tutta risposta, il governo Inglese inviò due detenuti Francesi, ai quali fu offerta in cambio la libertà, convinti che ogni Francese fosse un esperto di enologia, o che comunque sapesse qualcosa di viticoltura e di enologia. I risultati furono, com'era prevedibile, catastrofici, tanto che uno di loro fu rispedito in Inghilterra, mentre l'altro tentò di produrre sidro, commettendo la “leggerezza” di usare le pesche al posto delle mele. Di certo, l'enologia Australiana non poteva avere un inizio peggiore di questo. Nonostante questo “incidente di percorso”, si hanno notizie che fra il 1820 e il 1840 la viticoltura e l'enologia erano ben diffuse e radicate nel Galles del Sud, in Tasmania, nell'Australia Occidentale, nella Victoria e nell'Australia Meridionale. Le specie di viti coltivate a quell'epoca erano di esclusiva provenienza Europea, non si conoscono specie di viti autoctone Australiane, e la pratica dell'ibridazione, diffusa negli Stati Uniti d'America di quel tempo, non fu mai adottata. In realtà va osservato che il suolo Australiano, a differenza di quello Americano, non era infestato da parassiti, come la temibile fillossera, e quindi la coltivazione delle specie Europee non presentò grosse difficoltà. Tuttavia questo flagello non risparmiò nemmeno l'Australia e fece ufficialmente la sua comparsa nelle terre della Victoria nel 1877. Curiosamente, fu l'unico luogo dove si diffuse la fillossera e non si propagò nemmeno nei territori confinanti che, a tutt'oggi, sono stati risparmiati dalle terribili conseguenze di questo minuscolo parassita della vite. L'arrivo della fillossera alterò, come in tutti gli altri luoghi da questa infestati, sia la produzione sia le strategie produttive, costringendo i produttori ad adottare opportune misure preventive. Nonostante i danni subiti dalla fillossera, la Victoria divenne, verso la fine del 1800, il maggiore produttore dell'Australia e da sola riusciva a produrre quasi il doppio di tutti gli altri stati.
 La comparsa della fillossera modificò comunque lo stile produttivo della Victoria e questo segnò l'inizio, unitamente ad altri eventi, del suo declino. Il mutamento delle preferenze dei consumatori, dal vino secco a quello fortificato, portò agli inizi del 1900, alla ribalta l'Australia Meridionale fino a farla divenire la zona vitivinicola più importante dell'Australia, che di certo, rispetto alla Victoria, non aveva sofferto dei danni provocati dalla fillossera. Nel 1930 l'Australia Meridionale produceva oltre il 75% del vino prodotto in Australia e fu proprio in quel periodo che la “Valle della Barossa” divenne famosa. La produzione era sempre e comunque incentrata sui vini fortificati che venivano prevalentemente esportati, soprattutto in Inghilterra.
 Il rilancio dell'enologia Australiana ha avuto inizio verso la metà del 1950, un processo che ha portato a cambiamenti radicali e che ha riportato l'attenzione dei produttori alla produzione di vini secchi piuttosto che a quelli fortificati; un processo che ha reso l'enologia Australiana quello che è oggi. L'investimento massiccio che si operò in favore delle tecnologie più avanzate, gli innumerevoli esperimenti che si condussero a favore del miglioramento delle tecnologie enologiche, hanno permesso agli enologi Australiani e alla scuola enologica dell'Australia di arrivare ad occupare un posto di rilievo nello scenario enologico di tutto il mondo. Un risultato eclatante che è stato conseguito in un periodo piuttosto breve: circa 30 anni. Un passaggio drastico che ha fatto completamente dimenticare la mediocre produzione precedente agli anni '50 dello scorso secolo, un passaggio che ha condotto l'Australia e i vini Australiani fra le posizioni di primaria importanza di tutto il mondo enologico.

Il Sistema Di Qualità Australiano

A differenza degli altri paesi produttori di vino del mondo, l'Australia non prevede alcun sistema di produzione di qualità regolamentato da norme e leggi. Non esistono, al momento attuale, norme che indicano ai produttori quali uve sono permesse per la produzione di determinati vini, delimitazioni geografiche di aree o pratiche enologiche e viticolturali consentite. Per rendere chiaro il concetto, non esistono disciplinari di produzione come sono in vigore, per esempio, in Francia (AOC), in Italia (DOC) o negli Stati Uniti d'America (AVA).
 In realtà, l'esigenza di creare un sistema di produzione di qualità legalmente istituito e riconosciuto emerse circa 40 anni fa, i primi tentativi risalgono al 1963 circa, ma a tutt'oggi non esistono indicazioni e disciplinari che regolamentano la produzione. Tuttavia in Australia è in vigore un sistema che definisce e impone direttive che devono essere applicate nella compilazione delle etichette. Questo sistema, che prende il nome di LIP, (Label Integrity Programme) è regolamentato dall'Australian Wine and Brandy Corporation che ha inoltre il compito di definire e regolamentare, il processo di definizione del sistema è ancora in via di definizione, le zone di produzione vitivinicola dell'Australia. Questo sistema impone ai produttori che le etichette dei loro vini devono essere composte e strutturate in modo tale da fornire delle indicazioni specifiche ai consumatori, relativamente al vino contenuto nella bottiglia. Per la corretta valutazione del vino Australiano si rende quindi necessaria la conoscenza delle indicazioni riportate nelle etichette e il modo in cui queste vanno interpretate.
·         Se nell'etichetta è riportato il nome dell'uva con cui si è prodotto il vino, almeno l'85% dovrà essere prodotto con l'uva indicata
·         Se nell'etichetta è riportato il nome della zona di produzione, almeno l'85% del vino dovrà essere prodotto nella zona indicata
·         Se nell'etichetta è riportato l'anno della vendemmia, la percentuale minima di vino prodotto in quella specifica annata dovrà essere di almeno il 95%
·         Nel caso in cui un vino sia prodotto con più uve, queste vanno indicate nell'etichetta per ordine di quantità e in senso decrescente. Se, per esempio, nell'etichetta si troverà scritto “Cabernet Sauvignon-Shiraz”, significa che il vino è prodotto con le uve indicate, di cui il Cabernet Sauvignon costituisce la percentuale maggiore. L'esatta percentuale di composizione della miscela deve essere inoltre riportata fra le indicazioni dell'etichetta, spesso, viene specificato nel retro etichetta. Lo stesso principio si applica anche a vini che riportano in etichetta più di una zona.
 Va inoltre osservato che nelle etichette dei vini Australiani possono anche apparire dei nomi di fantasia, o aziendali, attribuiti ai vini, spesso si trovano sia nomi di fantasia, sia la composizione delle uve. Un'altra consuetudine che si ritrova nelle etichette dei vini Australiani è la frequenza con cui appare la dicitura “Bin” seguita da un numero. Questa consuetudine, che probabilmente ha avuto inizio nei primi anni del 1930, indicherebbe in realtà il numero del contenitore (bin in inglese ha proprio questo significato) dove è stato conservato il vino prima dell'imbottigliamento. Il sistema di numerare i contenitori era praticato dai produttori in modo da avere traccia dei vini prodotti nelle varie annate, così come dei vari assemblaggi o vinaggi che venivano realizzati nella cantina oltre a particolari vini prodotti in determinate zone o vigneti. Il numero, in pratica, identificava un determinato vino prodotto in un determinato anno e con un determinato metodo. Questo sistema è oramai divenuto consuetudine fra i produttori Australiani tanto da essere ancora utilizzato e, ancora oggi, moltissimi vini Australiani riportano in etichetta la dicitura Bin seguita dal numero con cui sono da sempre conosciuti.
Zone di produzione
La produzione vinicola dell'Australia è praticamente incentrata nella zona meridionale, in particolare nei territori del Nuovo Galles del Sud, Victoria e Australia Meridionale, quest'ultima è da 
considerarsi come la zona più importante e più produttiva del paese. La maggioranza della produzione è realizzata dalle attivissime e fiorenti aziende vinicole che si trovano in prossimità delle città di Sydney, Canberra, Melbourne e Adelaide. Il resto della produzione, con quote decisamente più modeste, è realizzato in Tasmania e nell'Australia Occidentale, nei pressi di Perth. Si registra inoltre una produzione piuttosto marginale anche nelle aree del Queensland e nei territori settentrionali.
 Una delle caratteristiche che contraddistingue l'enologia e la viticoltura Australiana, è il massiccio impiego di tecnologie, dalla vigna fino alla cantina. Le vendemmie, così come gli altri lavori in vigna, sono in genere meccanizzate, raramente i produttori raccolgono le uve manualmente, forse, per mancanza di personale, e i processi di vinificazione sono condotti secondo le più avanzate tecnologie. Quello che emerge è lo spirito di adattamento e di sperimentazione degli Australiani, forse, più che in ogni altro paese, qui si da libero spazio alle idee e alla sperimentazione, sia in vigna sia in cantina, e spesso i risultati vengono perfino adottati dalle industrie vinicole di altri paesi. In Australia si producono sia vini bianchi sia vini rossi, con una maggiore percentuale a favore dei bianchi, oltre ad una discreta quantità di vini spumanti e vini fortificati. Le uve bianche più coltivate in Australia sono lo Chardonnay, il Riesling e il Sémillon (che qui viene scritto some Semillon), mentre le uve a bacca rossa più coltivate sono il Cabernet Sauvignon e il Syrah (che in Australia, oltre che nel Sud Africa, viene chiamato Shiraz). Senza ombra di dubbio i migliori risultati dell'enologia Australiana sono rappresentati dallo Chardonnay, per i vini bianchi, e dallo Shiraz per i vini rossi. Altre uve a bacca bianca coltivate in Australia, seppure in quantità decisamente più modeste, sono il Muscadelle, il Muscat Blanc à Petits Grains, il Muscat Gordo Blanco (nome con cui è noto in Australia il Moscato d'Alessandria), il Palomino e il Pedro Ximénez (utilizzati prevalentemente per i vini fortificati), il Sauvignon Blanc e il Verdelho. Fra le altre uve a bacca rossa troviamo invece la Grenache, Merlot, Mourvèdre e il Pinot Nero.

Australia Meridionale


L'Australia Meridionale è senza ombra di dubbio la zona più rappresentativa e produttiva di tutto il paese. Più della metà di tutto il vino Australiano è prodotto in questa zona ed è proprio qui che si trovano le aree vitivinicole più prestigiose, come, per esempio, la Barossa Valley, Coonawarra, Adelaide Hills, Eden Valley, Clare Valley, Padthaway e McLaren Vale. La zona più attiva e importante si sviluppa intorno alla città di Adelaide con l'eccezione di Padthaway e Coonawarra che si trovano all'estremità più a sud di questa zona. Fra le aree di produzione dell'Australia Meridionale, Barossa Valley e Coonawarra sono quelle che certamente sono le più famose, non solo di questa zona, ma anche di tutta l'Australia. La Barossa Valley, che si trova in prossimità di Adelaide, è famosa per i suoi potenti e strepitosi vini prodotti con uve Shiraz, mentre Coonawarra per i vini prodotti con uve Cabernet Sauvignon. Oltre che i suoi Shiraz, la Barossa Valley è anche famosa per lo Chardonnay, nella maggior parte vinificato facendo uso della botte, ed è proprio in questa zona che si trova le più importanti e produttive aziende che fabbricano botti, un evidente segno di quanto la botte e il legno sia utilizzato sia nella Barossa Valley sia in Australia. Fra gli altri vini di interesse prodotti nella Barossa Valley troviamo buoni esempi di Riesling, Sémillon e Cabernet Sauvignon. La Clare Valley, a nord della Barossa Valley, produce vini raffinati ed eleganti fra cui, probabilmente fra i più noti, sono quelli di uve Riesling e Cabernet Sauvignon. Un'altra zona di eccellenza dell'Australia Meridionale è certamente Coonawarra, che produce eccellenti vini sia rossi sia bianchi. Inizialmente, fu lo Shiraz a primeggiare in questa zona e, nonostante rimanga ancora una delle uve di primaria importanza in questa area, si è scoperto successivamente che il suo territorio era particolarmente adatto per il Cabernet Sauvignon. Fra i vini bianchi si producono il Riesling, che si esprime in questa zona in modo superbo, oltre allo Chardonnay, fra i migliori di tutta l'Australia. Poco a sud di Adelaide si trova un'altra zona di sicuro interesse, denominata Southern Vales, e che comprende l'area di McLaren Vale, dove si producono eccellenti esempi di vini da uve Shiraz, Cabernet Sauvignon e Chardonnay.

Nuovo Galles del Sud

 Il Nuovo Galles del Sud rappresenta, di fatto, la seconda zona di produzione dell'Australia. Fra le sue aree più note troviamo la Hunter Valley, Mudgee e Riverina. Senza ombra di dubbio, la più celebre area di questa zona è la Hunter Valley, a nord di Sydney, nota per l'eleganza dei suoi Chardonnay, non da ultimo, per i suoi sorprendenti vini da uve Sémillon. I vini prodotti con Sémillion della Hunter Valley posso apparire, in gioventù, come dei vini ordinari e poco entusiasmanti, in realtà quando si concede loro il giusto tempo di affinamento in bottiglia, di almeno 5 anni, ma spesso anche 10, diventano straordinariamente complessi ed avvincenti: intensi e netti aromi e sapori di miele, nocciola e frutta secca esplodono dal bicchiere in modo sorprendente. Un'altra zona di interesse del Nuovo Galles del Sud è Mudgee, che si trova ad ovest della Hunter Valley, dove si producono, probabilmente, i migliori vini da uve Cabernet Sauvignon di tutta la zona. Nella parte centrale di questa zona troviamo l'area di Riverina, che è prevalentemente nota per la sua produzione di vini fortificati oltre ad una vasta produzione di vini da tavola e di largo consumo.

Victoria

La zona di Victoria è stata, fino alla fine degli anni 1960, la più importante zona di produzione di tutta l'Australia, tuttavia, quando l'enologia Australiana riprese slancio verso quel processo di trasformazione che l'ha resa una solida realtà, Victoria ha ceduto il suo scettro all'Australia Meridionale. Attualmente la Victoria è la terza zona vinicola più importante dell'Australia ed è la zona più a sud dell'Australia, se si esclude ovviamente l'isola di Tasmania, nei pressi di Melbourne.
Le aree in prossimità dell'oceano, come per esempio Yarra Valley, Geelong e Mornington Valley, sono caratterizzate da un clima piuttosto fresco e quindi vocate alla produzione di vini da uve Chardonnay e Pinot Nero. Nelle aree più interne di questa zona, Central Victoria, Goulburn Valley, Pyrenees e Grampians, il clima è più adatto alla produzione di vini da uve Shiraz e Cabernet Sauvignon. Da notare che nella Victoria si rileva inoltre una buona produzione di vini spumanti prodotti con metodo classico e, nelle aree di Rutherglen e Glenrowan, un'interessante produzione di vini da dessert da uve moscato. Tasmania La Tasmania, un'isola a forma triangolare che si trova a sud dell'Australia, è fra le aree vinicole emergenti e che stanno conquistando un posto di interesse fra quelle del paese. La produzione è prevalentemente incentrata nelle coste settentrionali e nelle coste meridionali dell'isola. Il clima particolarmente fresco dell'isola è adatto all coltivazione di uve rosse, in particolare il Cabernet Sauvignon e Pinot nero, tuttavia troviamo un'interessante produzione di vini bianchi da uve Chardonnay e Riesling. I vini della Tasmania sono famosi per la loro delicatezza e la loro eleganza e in questa isola si producono inoltre vini spumanti metodo classico da uve Chardonnay e Pinot nero.

Australia Occidentale


Distante dalla zona vinicola principale dell'Australia, a migliaia di chilometri a ovest, troviamo l'Australia Occidentale che si sviluppa intorno a Perth. Pur essendo così distante dall'Australia Meridionale e producendo una quantità piuttosto modesta, se confrontata con l'altra zona, tuttavia qui si trovano interessanti vini prodotti con uve Chardonnay, Sémillon e Sauvignon Blanc per quelle a bacca bianca, Cabernet Sauvignon e Merlot per le uve a bacca rossa. L'area più famosa di questa zona è certamente la Margaret River, a sud di Perth, prevalentemente nota per i suoi vini da uve Cabernet Sauvignon, oltre che da uve Chardonnay e Pinot nero. Un'altra area che va ricordata in questa zona è la Swan Valley, ad est di Perth, che è stata prima l'area dell'Australia Occidentale a divenire famosa. Ancora oggi si distingue per la produzione di un vino bianco prodotto con uve Chenin Blanc, Muscadelle e Chardonnay. In quest'area si rileva inoltre una discreta produzione di vini da uve Verdelho. Infine, un'altra area che ha mostrato buone potenzialità è Great Southern Region, all'estremità sud della zona, che, grazie al suo clima fresco, produce buoni vini da uve Pinot nero e Riesling.

giovedì 22 marzo 2018

Perle enologiche - il Jerez - o Sherry






Se si dovesse compilare una classifica dei vini più complessi da produrre, quelli che richiedono sia la maestria di talentosi enologi, sia il paziente Originario dell'Andalusia, il Jerez - o Sherry - è un vino straordinario che in passato era considerato fra i migliori del mondo, un capolavoro dell'arte enologica ancora oggi ricco di fascino. Lavoro del tempo e l'insostituibile contributo della natura del luogo, uno dei primi posti spetterebbe senza dubbio al Jerez. Nonostante sia estremamente difficile da produrre, e capace di regalare emozioni come pochi altri, questo vino - noto nei paesi di lingua Inglese come Sherry e in Francia come Xérès - è oggi probabilmente fra i vini più sottostimati del mondo, una condizione purtroppo condivisa anche con gli altri vini


fortificati. Eppure un calice di questo straordinario vino, o meglio una copita, per usare un termine Spagnolo, in onore alla terra madre di questo grande vino, offre sempre una piacevole serie di emozioni e al naso dell'intenditore una straordinaria esperienza olfattiva come in pochi altri vini si può incontrare. Tuttavia i fatti raccontano una storia ben diversa e fra gli appassionati di vini sono ben pochi coloro che cercano e apprezzano i vini fortificati, Jerez compreso. Il Jerez prende il nome dall'omonima città Jerez de la Frontera che si trova in Andalusia, a sud della Spagna nei pressi dello stretto di Gibilterra. Pare che siano stati i Fenici ad introdurre la vite in Spagna e ai tempi dei Romani i vini di questo paese erano già noti e apprezzati, come testimoniato dalle citazioni di Plinio il Vecchio nella sua monumentale Naturalis Historia e da Lucio Columella - nato a Cádiz, non lontano da Jerez - nella sua opera De Re Rustica. Il vino di Jerez ha sempre goduto di un'elevata notorietà anche al di fuori della Spagna e già nella metà del XIV si hanno notizie di ingenti esportazioni, annotate nei registri con il termine di saca. Furono due parole di origine Araba - saca e Xeris - a dare origine al termine con cui questo vino è ancora noto in Inghilterra: Sherry. Pare sia stato William Shakespeare a coniare il termine sherris sack - una chiara anglicizzazione dei due termini Arabi - che ben presto divenne Sherry. L'interesse degli Inglesi per questo vino è sempre stato elevato tanto che molte famiglie si trasferirono in Spagna sia per iniziare fiorenti scambi commerciali con la madre patria, sia per fondare essi stessi cantine di produzione di Jerez, un evento che questo vino condivide con gli altri grandi vini fortificati: Porto, Marsala e Madeira. Non furono solamente gli Inglesi ad arrivare a Jerez de la Frontera e a occuparsi del commercio del vino locale, anche Francesi, Scozzesi, Irlandesi e Olandesi fecero lo stesso. L'interesse di questi commercianti contribuì enormemente alla diffusione e allo sviluppo del Jerez e ancora oggi alcune delle più importanti cantine produttrici - dette bodegas in Spagnolo - sono di proprietà delle famiglie Europee che si stabilirono in questo luogo. L'area di Jerez de la Frontera è anche famosa per altri due eccellenti prodotti: il brandy e l'aceto. La distillazione del vino a Jerez è un'attività di duplice importanza, in quanto è fondamentale sia per la produzione dell'eccellente brandy sia per la fortificazione del vino di Jerez. L'aceto di Jerez è invece prodotto con il vino che durante le fasi della produzione viene attaccato dai batteri acetici e pertanto non più utilizzabile. L'aceto di Jerez è maturato con il sistema Solera y Criaderas, lo stesso usato per il vino e per il brandy.



Jerez, Sherry, Xérès: Tre Nomi, Un Vino:

Il Jerez - Sherry o Xérès, com'è generalmente noto al di fuori della sua terra d'origine - è stato il primo vino della Spagna al quale fu conferita la Denominación de Origen - abbreviata in DO - la cui area è delimitata dai territori dei comuni di Jerez de la Frontera, Sanlúcar de Barrameda e El Puerto de Santa María. Il clima di quest'area è fortemente condizionato dall'influsso dell'oceano Atlantico e dal corso dei fiumi Rio Guadalquivir e Rio Guadalete. Le uve coltivate in quest'area e utilizzate per la produzione del Jerez sono tre e precisamente:
Palomino: Il Palomino è un'uva a bacca bianca, con buccia sottile e grappoli di media grandezza,il più importante vitigno dello Sherry, è un'uva strana. Nello Jerez produce vini leggeri, chiari ed eleganti, ma coltivata da qualche altra parte dà, invece, dei vini di poco interesse, senza carattere. Il vino del Palomino ha una acidità bassa e si ossida molto facilmente ma, qui, nello Jerez, si forma sulla buccia un lievito molto particolare, il Saccharomyces beticus, l'agente del flor magico.
Pedro Ximénez: è un vitigno  a bacca bianca più delicato del Palomino, molto meno coltivato, ed è usato, soprattutto, per i vini molto dolci o per la produzione di arrope, ma oggi si tende ad udare il Palomino anche per l'arrope.
Muscatel: altro vitigno a bacca bianca che sostanzialmente svolga la stessa funzione del vitigno Pedro Ximenez.
 Il territorio: di Jerez in cui si coltiva la vite è classificato in funzione della percentuale di carbonato di calcio presente nel suolo, il tipico e apprezzato suolo composto di sedimenti di gesso, una caratteristica che Jerez condivide con la Champagne. Le migliori uve per la produzione di Jerez provengono dai vigneti il cui suolo è ricco di sedimenti di gesso, altamente poroso e capace di trattenere acqua e aria, costringendo la vite ad estendere le proprie radici in profondità. I tipi di suolo classificati nella zona sono quattro e precisamente:
  • Albariza - considerato come il migliore terreno e che conferisce al Jerez il suo tipico carattere. L'albariza è il tipo di terreno predominante dell'area di Jerez Superior, a nord di Jerez de la Frontera, e considerato il migliore suolo per la coltivazione della vite. La sua composizione può arrivare anche al 50% di gesso, ha un'ottima capacità di assorbire e trattenere acqua e aria. Questo tipo di suolo è facilmente riconoscibile per il suo colore chiaro, quasi bianco
  • Albarizones - composto da circa il 25% di gesso, questo suolo è una miscela di albariza e argilla
  • Barros - suolo prevalentemente composto di argilla e appena il 10% di gesso. Di colore marrone scuro, è piuttosto ricco di sostanze organiche, tuttavia le sue uve producono vini meno delicati
  • Arenas - suolo di colore giallo-rossiccio a causa della presenza di ossidi di ferro, è tipico della zona nord-est. Si tratta di sabbia il cui sottosuolo è composto di argilla.
La Produzione del Jerez (Sherry): tutto inizia con la vendemmia e le uve giungono in cantina per seguire le normali pratiche enologiche. L'uva Palomino viene pigiata e il mosto fiore viene fatto fermentare in vasche d'acciaio o di cemento con lo scopo di produrre un vino, esattamente come qualunque altro bianco. A questo punto il produttore, per ogni lotto di produzione, dovrà compiere una scelta, cioè se destinare quel vino alla produzione di fino oppure di oloroso: questa fase prende il nome di prima classificazione. Una scelta, all'apparenza semplice, che è determinata dalla valutazione organolettica di ogni vino e cercando di capire il suo sviluppo e la sua migliore vocazione. I vini destinati alla produzione di fino vengono fortificati con alcol fino a raggiungere i 15° alcolici, mentre quelli che diventeranno oloroso vengono fortificati fino a 18°. I vini vengono ora trasferiti nelle botti e lasciati maturare per il primo anno. Questi nuovi vini prendono il nome di añada, cioè vini dell'annata, o sobretablas. La botte viene riempita solamente per quattro quinti del suo volume e il cocchiume non viene sigillato completamente. In questo modo si consentirà all'ossigeno di entrare nella botte e di permettere l'evoluzione del vino. I vini che non sono ritenuti adatti né per il fino né per l'oloroso, vengono destinati alla produzione di aceto di Jerez oppure distillati per produrre l'alcol usato per la fortificazione o il brandy. La Produzione del Jerez Fino e Manzanilla. Dopo circa un mese dal loro trasferimento nella botte, nella superficie dei vini destinati alla produzione di fino si verifica l'evento più importante del loro sviluppo: la formazione del cosiddetto flor,(grazie alla ricerca e alla modernizzazione delle bodegas un pò del mistero intorno al magico flor è sparito e, oggi, gli enologi sanno bene, in partenza, quale mosto è adatto per diventare un fino o un oloroso. Del resto lo possono decidere già sul campo, perché sono le uve coltivate sui terreni del tipo albariza che sono più adatte al secco ed elegante fino, mentre le uve cresciute sui terreni argillosi, sono più adatte all'oloroso) cioè il responsabile primario della complessità e del carattere dei Jerez fino. Si tratta di una formazione spontanea di uno strato di microrganismi appartenenti al genere saccharomyces, che tecnicamente prende il nome di velo. Questo prezioso strato di microrganismi si forma solamente in presenza di particolari condizioni: il vino deve avere un grado alcolico non superiore a 15°, la temperatura deve rimanere costante fra i 18° e i 22°C, un'ottimale superficie di contatto del vino con l'aria in genere ottenuta riempiendo una botte da 600 litri con 500 litri di vino. Questi microrganismi si nutrono delle componenti del vino cambiando quindi la sua composizione e isolandolo dall'azione dell'ossigeno. Il flor si sviluppa nella superficie piuttosto rapidamente e dopo circa un mese il vino è completamente ricoperto di questo spesso strato bianco di microrganismi, tuttavia il suo spessore varia in accordo alla stagione e all'umidità.
 L'azione isolante del flor nei confronti dell'ossigeno non è perfetta e questo consente al vino di ossidarsi lentamente, favorendo allo stesso tempo lo sviluppo dei suoi caratteri


organolettici e i cambiamenti operati dal flor. Questo strato di saccharomyces accompagna i Jerez fino per tutto il ciclo di maturazione e si forma solamente grazie alle particolari condizioni climatiche della zona. Ricercatori hanno potuto appurare che se si trasferisce il flor dalla zona di Jerez ad altri luoghi del mondo, esso cambia velocemente le sue caratteristiche oppure muore, una caratteristica che rende ancora più speciale il Jerez fino. Il Manzanilla è un Jerez fino prodotto esclusivamente a Salúcar de Barrameda, una città che si trova lungo la costa Atlantica. Anche la produzione di Manzanilla dipende dalla formazione di flor, tuttavia il fattore fondamentale è rappresentato dal clima - diverso dall'entroterra in cui si trova Jerez de la Frontera - più umido e salmastro che conferisce il suo carattere al vino e che consente al flor di coprire costantemente la sua superficie. Il Jerez Amontillado è prodotto dall'ulteriore fortificazione del fino e alla sua successiva maturazione. La maggiore quantità di alcol non consentirà lo sviluppo del flor e quindi il vino acquisisce una maggiore struttura, La Produzione del Jerez Oloroso La differenza principale fra gli Jerez fino e gli oloroso consiste nella presenza o nell'assenza di flor, il prezioso velo che si forma sulla superficie del vino. Il flor, come qualunque altro genere di lieviti, non può sopravvivere in ambienti il cui grado alcolico è superiore a 16.4°: per questa ragione gli oloroso sono fortificati a 18° gradi in modo da prevenire la sua formazione. Oggi la produzione di oloroso è praticamente indotta e non lasciata al “caso” aspettando la naturale evoluzione dei vini appena fermentati. In genere gli oloroso sono



intenzionalmente prodotti con mosto fiore e mosto prodotto dalla lieve torchiatura delle uve in modo da estrarre una piccola quantità di tannini che conferiranno al vino una certa struttura. In genere gli oloroso rimangono nella catena solera y criaderas più a lungo rispetto ai fino, in modo da fargli acquisire una maggiore struttura e complessità organolettica che ricorda tipicamente la frutta secca. Al momento dell'imbottigliamento, quando è prelevato dalla solera, l'oloroso è un vino molto secco. A questo punto il produttore decide se lasciarlo “naturale” oppure addolcirlo mediante l'aggiunta di una piccola quantità di succo concentrato di Pedro Ximénez, ed eventualmente Muscatel, ottenendo quindi un oloroso semi-dolce (abocados). Nel caso in cui la presenza di Pedro Ximénez rappresenta circa il 15%, l'oloroso è classificato come Cream. Il Jerez Pedro Ximénez è prodotto utilizzando le omonime uve lasciate appassire al sole per due o tre settimane in modo da concentrare gli zuccheri. Il mosto di queste uve fermenta molto lentamente e parzialmente e quindi fortificato: il risultato è un vino denso, sciropposo e molto dolce. Indipendentemente dallo stile - fino o oloroso - tutti i vini di Jerez vengono fatti maturare con il metodo solera y criaderas. Questo metodo, nonostante sia stato sempre in uso a Jerez, è utilizzato anche per la produzione di altri vini fortificati - come il Marsala - e alcuni distillati, come per esempio certi brandy. Il sistema consente di mantenere le qualità e il carattere del vino o del distillato costanti nel tempo; infatti i prodotti maturati con questo sistema non riportano mai il millesimo. Il metodo solera y criaderas si basa sul principio che il vino più giovane acquisisce il

carattere e i pregi di quelli più vecchi. In termini pratici, il sistema consiste in una serie di botti, ognuna di queste dette escala, contenenti il vino di una particolare età media, e la escala più vecchia viene definita solera, poiché quando le escala sono disposte una sopra all'altra, questa si trova più in basso e a contatto con il suolo (suelo in Spagnolo). Le escala sopra la solera prendono il nome di criadera. Il numero di escala varia in accordo al tipo di Jerez da produrre, normalmente da un numero di cinque fino anche a quattordici. Ogni anno il vino della solera viene prelevato - operazione che prende il nome di saca - e imbottigliato. La parte di vino prelevata viene colmata con il vino della prima criadera, questo con il vino della seconda criadera, e così via, fino all'ultima criadera. Il vino dell'ultima criadera è colmato con i vini delle sobretablas. Le operazioni di colmatura prendono il nome di rocio. L'abilità consiste nell'effettuare le saca e i rocio in piccole quantità in modo da non danneggiare la qualità e le caratteristiche dell'intero sistema, frutto di un ininterrotto processo lungo anche secoli. Per legge, ogni anno si può prelevare un massimo del 30% del volume della
La Classificazione del Jerez (Sherry)
 Il Jerez è un vino piuttosto complesso, non solo nella produzione, ma anche nella sua classificazione. La vasta disponibilità di stili di Jerez va ben oltre la semplice definizione di vino fortificato, infatti questi vini sono classificati in funzione del loro grado di dolcezza e - più importante - in base alla famiglia di appartenenza. Tutti i vini Jerez sono classificati in accordo a due principali categorie: fino e oloroso. I Jerez fino sono più delicati e con colore chiaro, secchi e con apprezzabile acidità, mentre i Jerez oloroso sono più robusti, con colori più scuri, e sono disponibili sia secchi sia dolci. In queste due grandi categorie sono raggruppati ben sette tipi diversi di Jerez e il grado di dolcezza di questi vini è in genere una precisa scelta di ogni produttore, aumentando - di fatto - la gamma di stili di Jerez. I Jerez appartenenti alla categoria fino sono:


Manzanilla, Fino e Amontillado; mentre nella categoria oloroso troviamo: Oloroso, Cream e Pedro Ximénez. A questi si aggiunge il Palo Cortado, da molti considerato un membro della famiglia dei fino, mentre per altri costituisce una categoria a parte proprio perché le sue caratteristiche ricordano sia i fino sia gli oloroso.
  • Manzanilla - questo stile di Jerez, prodotto a Sanlúcar de Barrameda, è molto ricercato per la sua eleganza e delicatezza. Grazie al forte influsso delle umidi correnti d'aria provenienti dall'oceano Atlantico, il Manzanilla è secco, caratterizzato da un piacevole accenno sapido e un gusto che si potrebbe definire “marino”. Il Manzanilla, che appartiene alla famiglia dei fino, dipende dallo sviluppo del cosiddetto flor, lo strato di lieviti che si forma sulla superficie del vino all'interno della botte. A causa della sua estrema fragilità, molti produttori lo imbottigliano solamente al momento dell'ordine. Il Manzanilla viene servito preferibilmente fresco e una bottiglia aperta raramente si conserva per più di due giorni
  • Fino - dagli aromi raffinati e complessi, il fino ha un colore pallido, gusto secco e forte, è considerato il più tipico stile di Jerez. Anche questo stile dipende dallo sviluppo del flor e sono più robusti e potenti del Manzanilla. Una bottiglia aperta va consumata entro due o tre giorni
  • Amontillado - si tratta di un Jerez fino fatto maturare in botte, dopo essere stato prelevato dalla solera, viene fortificato e posto in un barile dove maturerà senza la protezione del flor. In questo modo il vino aumenta la sua ossidazione e il suo colore diventa più scuro, esaltando gli aromi tostati e di nocciola. Gli Amontillado hanno un gusto semi-secco a causa dell'aggiunta di una piccola percentuale di Pedro Ximénez e pochi sono coloro che lo producono nella versione secco.
  • Palo Cortado - uno stile di Jerez piuttosto raro e ricercato, per le sue qualità è spesso considerato un vino intermedio fra i fino e gli oloroso. Si tratta di un particolare stile di Amontillado secco che dopo avere maturato a lungo sviluppa le qualità tipiche degli oloroso, cioè maggiore struttura, cremosità e concentrazione. Il Palo Cortado ricorda negli aromi l'Amontillado, mentre al gusto si avvicina più agli oloroso
  • Oloroso - stile di Jerez prodotto senza lo sviluppo del flor e pertanto fortemente esposto agli effetti dell'ossidazione che conferisce un colore molto scuro, aromi tostati e di frutta secca. Gli oloroso hanno un grado alcolico più elevato rispetto ai fino, tipicamente 18°-20°, struttura robusta e maggiore concentrazione. La tendenza è di produrre Oloroso dal gusto dolce o semi-dolce e quelli secchi sono considerati una rarità. La dolcezza negli Oloroso è ottenuta aggiungendo quantità variabili di Pedro Ximénez

·  Cream - questo stile di Jerez fu inizialmente creato appositamente per il mercato Inglese e sono caratterizzati da una dolcezza maggiore degli Oloroso. La dolcezza dei Cream è ottenuta aggiungendo quantità elevate di Pedro Ximénez, variabile da produttore a produttore. I Cream sono piuttosto densi con aromi di cioccolato, liquirizia, confetture e frutta secca
·  Pedro Ximénez - questo stile di Jerez è prodotto esclusivamente con uva Pedro Ximénez, diversamente dagli altri stili dove è il Palomino a rappresentare l'uva principale. I Pedro Ximénez sono molto densi, sciropposi e dolci, struttura robusta e aromi complessi di frutta secca. Il Pedro Ximénez è generalmente utilizzato per addolcire gli altri stili di Oloroso, tuttavia sono molto apprezzati e venduti anche in purezza, in particolare per essere abbinati ai dessert.

10 Domande per Sommelier 07/02/2020

Inizia il test 07/02/2020