martedì 12 settembre 2017

Falanghina, il vitigno a bacca bianca simbolo della Dop del Sannio



Il vitigno Falanghina si estende in Campania per 3mila ettari e nelle Marche è una tipologia prevista dalla Dop. La sua caratteristica principale è l’adattabilità e la resistenza alle condizioni meteo avverse.

Vitigno a bacca bianca diffuso principalmente in Campania con circa 3mila ettari (15% dell’intera superficie regionale), ma
Falanghina
possiamo trovarla anche in Molise (dove è tipologia prevista dalla Dop), in Puglia, Lazio, Calabria e Sardegna. Rappresenta il vitigno principe della Dop Falanghina del Sannio in provincia di Benevento nelle sue quattro sottozone corrispondenti a quelle che erano le Doc fino al 2010: Solopaca, Guardia Sanframondi, Taburno, Sant’Agata dei Goti nelle tipologie tranquillo, vendemmia tardiva, spumante (metodo classico e Charmat), passito dolce.
Dopo questa ristrutturazione tutta la Falanghina a denominazione d’origine è commercializzata attraverso la Dop Falanghina del Sannio, che prevede un utilizzo minimo dell’85% del vitigno e rese inferiori ai 120 quintali per ettaro. La stragrande maggioranza dei vini, comunque, sono prodotti da Falanghina 100% in purezza. Un vitigno vigoroso che si adatta a diversi tipi di terreni, resistente alla maggior parte delle avversità, si presta all’invecchiamento, ma la

sua qualità viene esaltata nelle zone collinari. La raccolta si concentra di solito nella seconda metà di settembre, ma può essere anticipata all’inizio di settembre nelle annate più calde ed asciutte ed essere posticipata alla prima metà di ottobre nelle vendemmie e nelle zone più tardive.
L’origine del nome si fa risalire a due diverse etimologie. Potrebbe essere figlia del Falerno Bianco, antico vino campano già conosciuto al tempo degli antichi Romani. Altra ipotesi, invece, fa derivare il nome dal latino falanx, il palo a cui erano sostenute le viti, sistema che ancora si incontra negli impianti più vecchi, specialmente nei Campi Flegrei. Recenti ricerche sul Dna, hanno evidenziato la presenza di due diversi cloni: uno beneventano e l’altro flegreo, differenti per forma e dimensioni, ma molto simili
per caratteristiche organolettiche.
Il secondo polo più importante per la Falanghina dal punto di vista produttivo è la provincia di Napoli: è presente da secoli alle pendici del Monte Somma e del Vesuvio e oggi se ne coltivano in tutta la provincia circa 500 ettari. Ed ancora la provincia di Caserta, con circa 150 ettari coltivati, concentrati soprattutto nella fascia settentrionale al confine col Lazio ed in provincia di Salerno. E in anni recenti anche in Irpinia in provincia di Avellino.
Come tante altre varietà regionali, anche la Falanghina ha avuto bisogno di un lungo periodo nel secondo dopoguerra per essere recuperata e valorizzata. Alle fine degli anni Settanta fu Leonardo Mustilli a scommettere sul vitigno, ad imbottigliarla in purezza e a commercializzarla in anni in cui la sua presenza nel comprensorio era ancora per molti versi marginale rispetto a trebbiano e malvasia di Candia. Non va dimenticato, comunque, il ruolo giocato da una serie di enologi che hanno collaborato e collaborano con le principali cooperative della provincia di Benevento.

«I vini ottenuti dalle uve provenienti dalle aree interne e collinari della regione danno di solito vini molto più floreali con note di ginestra e fiori di limone, sentori mentolati e balsamici. Quelli provenienti dai vigneti della fascia costiera sono invece più fruttati e leggermente agrumati fino a sprigionare leggeri effluvi marini che ricordano la salsedine» scrive Luigi Moio nel suo libro “Il respiro del vino” .
Si abbina molto bene alla cucina del territorio, in particolare con spaghetti alle vongole, pasta con il polpo, spaghetti ai ricci di mare, risotto agli scampi. Ottima con i frutti di mare, con pesce alla griglia o al forno e con formaggi freschi o poco stagionati. La versione spumantizzata è ideale per antipasti di pesce, mentre il passito accompagna formaggi stagionati, piccola pasticceria secca o crostate di frutta.
Da segnalare l’iniziativa di “Pizza & Falanghina” del Consorzio Sannio Dop per promuovere il consumo del vino sempre più simbolo del Sannio, un progetto culturale attraverso il quale si rilancia una tradizione che ha radici storiche, culturali e territoriali, ossia quella dell’abbinamento di pizza e vino. Testimonial e partner Gino Sorbillo, espressione di una famiglia da tre generazioni legata alla pizza, insignito nel 2016 del titolo di “Maestro d’arte e mestiere”.
Secondo una recente indagine dell’Osservatorio Wine Monitor - Nomisma condotta per conto dell’Istituto Marchigiano di Tutela vini e presentata al Vinitaly 2016, la Falanghina si afferma tra vini i bianchi più conosciuti in Italia piazzandosi al quinto posto, con un’alta percentuale di notorietà (62%), poco dietro il Tocai friulano (66%) e la Vernaccia (67%).

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