E’ necessario non sottovalutare il potere mediatico e sociale che i social network possono conferire ad un individuo comune. A prescindere dalla palese assuefazione che possono provocare i nuovi mezzi di comunicazione, abbiamo nelle nostre mani uno strumento che ci permette di condizionare l’umore di qualcun altro, anche solo con una parola pubblicata in “bacheca”; uno strumento che ci permette di rimanere al passo con gli eventi che avvengono intorno a noi, senza doverci necessariamente recare dalla parrucchiera. In che modo, infatti, amici, parenti, amici di amici,amici di parenti e parenti di amici potrebbero giungere a conoscenza, a volte in tempo reale, di avvenimenti, fatti e misfatti che influenzano quotidianamente la nostra vita? Micidiale invenzione quella del social network, senza contare che, a volte, può cambiare anche il nostro di umore: come curare, ad esempio, la bile che ti procura un amico senza credito sul cellulare, e con il quale si vorrebbe parlare, se non con un messaggio privato, neanche a dirlo, sul solito Facebook?
Seppur investite dalla luce del progresso, moralisti e burloni
si divertono a gettare ombre su queste dannate invenzioni, convinti che possano
arrecare un danno alla società, maggiore del beneficio che apportano. Le loro
argomentazioni fanno leva su una minore tendenza da parte di giovani e
giovanissimi al confronto e alla discussione, a loro dire spesso annichilita, e
ridotta a motivo di scherno da parte di un pubblico più maturo perché contraddistinta
da ridicole affermazioni tratte dal mondo virtuale – sarebbe tuttavia avvilente
per me citare degli esempi, ma vi assicuro che sono agli occhi di tutti. Come
se non bastasse, i social network sono stati spesso accusati di aver
inibito la capacità dei loro utenti di condividere pensieri o sentimenti senza
che questi fossero trasmessi con uno “Smile” o con dei puntini di sospensione,
barbaramente utilizzati per esprimere rincrescimento, facendo dunque unicamente
appello ad una tastiera e nascondendosi dietro uno schermo.
Sarebbe superfluo ricordare come la tecnologia e il progresso ci
abbiano ridotti in schiavitù.
Questa diagnosi vede come unica prescrizione quella di convivere con Facebook e/o Twitter, cercando, per quanto possibile, di discernere tra un sorriso autentico ed uno smile, cercando di operare una distinzione tra ciò che può essere dato in pasto all’opinione pubblica e ciò che, invece, dovrebbe rimanere nella sfera privata e, soprattutto, cercando di non ridurre un nobile sentimento come l’amicizia ad una futile “richiesta di accettazione”...................
Nicola Tamburrino
Questa diagnosi vede come unica prescrizione quella di convivere con Facebook e/o Twitter, cercando, per quanto possibile, di discernere tra un sorriso autentico ed uno smile, cercando di operare una distinzione tra ciò che può essere dato in pasto all’opinione pubblica e ciò che, invece, dovrebbe rimanere nella sfera privata e, soprattutto, cercando di non ridurre un nobile sentimento come l’amicizia ad una futile “richiesta di accettazione”...................
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