è un vitigno autoctono a bacca bianca, molto raro quanto noto, viene coltivato sulle colline del Cividalese, nelle zone del collio goriziano e dei colli orientali udinesi.
Storia
Il
nome deriva probabilmente dalla piccola quantità di acini e grappoli
che contraddistingue questa varietà: i suoi appellativi, infatti, furono
Piccolit, Piccolitto friulano e tanti altri. Sembra che già nel 1755 a
Venezia il Picolit fosse inserito in un'ampia carta dei vini, assieme ad
un altro vino nobile friulano, il Rosazzo bianco. Tra i primi a parlare
di questo vino è l'autore di un trattato sugli alberi da frutto, un
certo
Gallesio
il quale afferma che tale superba varietà derivi da un seme sviluppato
casualmente in alcune aree del Friuli (inizialmente Rosazzo, poi in
altre zone della provincia di Udine e Gorizia) e successivamente
coltivato, dopo aver compreso le sue grandi qualità, in tutta la
regione. Una decina d'anni dopo, il Picolit viene conosciuto e consumato
in gran parte dell'Europa, anche se alcuni non ne conoscono ancora il
nome. Nel 1806 sul Bollettino dell'Associazione Agraria Friulana, il
conte Fabio Asquini, uno dei principali studiosi al quale si deve gran
parte della promozione in regione di questo vino, descrive
minuziosamente come eseguire la vendemmia e la vinificazione del Picolit
che già allora richiedeva cure e lavorazioni particolari, considerato
che veniva commercializzato al secondo anno. E così questo straordinario
vino giunge nelle mense più ricche e nobili non solo d'Europa (Roma,
Milano, Parigi, Londra, Amsterdam) ma addirittura degli Stati Uniti. Ad
Asquini va quindi il merito di aver avviato la commercializzazione del
Picolit diffusamente già nel 1762, con 264 bottiglie vendute (a 4 lire
venete cadauna) per giungere allle 4'757 del 1785. E ancora sua è
l'intuizione di introdursi nel mercato dei vini, allora dominato dai
francesi, con un prodotto "diverso" perché dolce ma che, per la sua
raffinatezza, faceva concorrenza al già famosissimo "Tokaj" ungherese,
considerato eccellente vino da meditazione. Asquini scelse quindi una
fascia di mercato elevata, formata dai nobili e dall'alto clero,
concentrando i suoi interessi commerciali a Venezia, città tra le più
importanti d'Europa per la cultura ed il commercio. Per soddisfare le
diverse richieste del mercato, Fabio Asquini presentò due Picolit, di
cui uno "più dolce" per il mercato tedesco ed uno per la Francia e
l'Inghilterra che preferivano vini più secchi.
In sostanza, considerato che il vino prodotto presentava
caratteristiche qualitative non omogenee tra un vino e l'altro e
costatata la difficoltà a proporre un vino sempre uguale, altro non fece
che indirizzare i prodotti verso mercati diversi. Nonostante il Picolit
di Asquini fosse prodotto in un'area non propriamente vocata (Fagagna),
esso, oltre alla eccellente qualità, presentava al consumatore anche
una raffinata estetica: le bottiglie di vetro soffiato a Murano,
presentavano l'etichetta con la dicitura "Picolit di Fagagna" e "Picolit
del Friuli" (per identificare in modo inequivocabile il suo prodotto
dai molti che ormai cercavano di conquistare il mercato) ed infine il
tappo che veniva acquistato nientemeno che a Londra. Purtroppo con la
morte del conte Asquini (1818), anche il Picolit termina il suo lungo
momento di splendore ed inizia un periodo di grandi cambiamenti.
L'imperativo era uniformare le tecniche di vinificazione e stabilire
definitivamente se questo vino doveva essere dolce o secco. Un grande
lavoro di ricerca che contribuì al rilancio del Picolit, sviluppandone
la coltivazione nella regione, fu compiuto dalla famiglia Perusini.
Dapprima Giacomo Perusini, ufficiale dell'esercito austriaco che, dopo
l'acquisto della Rocca Bernarda, iniziò il suo lungo lavoro di recupero
della viticoltura aziendale, allora in pessime condizioni,
interessandosi soprattutto alla ripresa del Picolit. Dopo un autorevole
lavoro di ricerca, classificazione e sperimentazione, la famiglia
Perusini nel 1935 mise a dimora duemila ceppi di Picolit dai quali, dopo
una prima selezione di quindici, individuò quattro cloni che ben si
adattavano a particolari condizioni ambientali sfavorevoli. I Perusini
continuarono ad operare con ostinazione, nonostante le contrarietà di
alcuni illustri studiosi del settore, giungendo ad ottenere un vino
dalle qualità straordinarie.
Le continue sperimentazioni effettuate, portarono, agli inizi degli
anni Settanta, alla vendemmia dell'uva passita (in pianta o sui
graticci) ed alla successiva vinificazione in bianco. Infine il vino,
dopo tutte le operazioni di cantina, veniva destinato alle botti di
rovere per il naturale processo di affinamento. Vino di qualità
eccellente dalle sfumature dolci che rievocava la pesca, l'albicocca ed
il miele d'acacia e dal colore dorato pallido, lucido e brillante.
Finalmente in quegli anni si placarono le profonde polemiche intorno ai
sistemi di vinificazione del Picolit e al suo sapore (dolce o secco?)
mettendo d'accordo le diverse scuole in materia. Fu deciso unitariamente
che il Picolit doveva essere dolce, la sua vendemmia tardiva o passita,
il suo grado alcolico compreso tra 12,5 e 14 gradi ed il contenuto in
zuccheri tra i 2,5 e 5,5 grammi/litro.
Oggi
il Picolit è coltivato soprattutto nelle colline del Cividalese, pur
ritrovandolo anche in altre zone e la ragione della sua ridotta
coltivazione va ricercata nell'aborto floreale, suo malanno fisiologico.
Vino
Il
Picolit è un prodotto di straordinaria finezza, dal colore giallo
paglierino che assume tonalità più o meno intense in funzione
dell'annata e dell'epoca di vendemmia.
Profumo ricco ma delicato, in cui si ritrova la fragranza della
mandorla, del pesco, dell'acacio, del castagno ed in genere dei fiori di
campo e del miele. È un vino che si può definire non dolce, quasi
secco, che presenta un'ampia varietà di gusti tra cui spicca un
delizioso mandorlato.
Raccomandazioni gastronomiche
Raccomandazioni gastronomiche
Vino
che viene apprezzato pienamente se bevuto "da solo", è in sostanza un
vino da "meditazione". Può, comunque, accompagnare, dessert in genere,
ma non solo, offre infatti splendidi accostamenti anche con patè,
ostriche, tartufi di mare e formaggio gorgonzola.
Va servito non freddo ad una temperatura attorno ai 10° - 12° C.
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