Nella suggestiva isola italiana, custode di tradizioni e culture
millenarie, il vino ha sempre rappresentato una risorsa importante, una storia
antica che ancora oggi è capace di sorprendere
La Sardegna
è certamente uno dei luoghi più incantevoli d'Italia, non solo per le
meraviglie naturali che si trovano in quest'isola, ma anche per le sue
antichissime e ricche tradizioni; un patrimonio indissolubile dalla cultura,
dai luoghi e dalla gente che la abitano. Ricche tradizioni e culture si trovano
anche nell'antico patrimonio gastronomico, fatto dalle tante tradizioni che si
trovano nelle diverse aree e località della Sardegna, unitamente al vino, che
in questa terra rappresenta un importante elemento di identità e di storia. Dai
vini bianchi fino ai rossi, un percorso enologico che passa anche per le altre
tipologie e, fra queste, autentiche rarità, straordinari rappresentanti
dell'enologia dell'isola, come la Malvasia di Bosa e la Vernaccia di Oristano.
Due meravigliosi esempi di vini dallo straordinario gusto antico, che esprimono
il meglio di sé con lunghi tempi di maturazione.
La
Sardegna ha degni rappresentanti anche in altri vini - o per meglio dire - in
altre uve. Il Vermentino è l'uva bianca più celebre dell'isola e dalla quale si
producono - nell'intero territorio della regione - ottimi vini. Il Cannonau
resta ancora l'uva a bacca rossa più celebre dell'isola, anche se da diversi
anni stanno salendo alla ribalta altre due uve che hanno saputo dare eccellenti
prove di loro nella produzione di vino: Carignano e Bovale. La ricchezza di uve
in Sardegna va ben oltre quelle già citate e che rappresentano le più
conosciute fuori dalla regione. La Sardegna possiede infatti un patrimonio di
uve autoctone piuttosto interessante e, nonostante molte di queste siano state
introdotte dagli Spagnoli, dopo secoli di adattamento nel territorio, oggi si
considerano fra le uve tipiche della regione. Non mancano, ovviamente, le
cosiddette uve internazionali e
che spesso si uniscono alle varietà locali, e perfino uve tipiche di altre
regioni italiane, come Nebbiolo, Sangiovese, Montepulciano e Barbera.
Secondo
studi e ricerche archeologiche, la vite e il vino sono presenti in Sardegna da
circa 5.000 anni. Risalgono infatti a quest'epoca i primi ritrovamenti di
anfore e coppe nelle zone occupate dai Nuraghi, l'antica popolazione che visse
nell'isola. Nonostante l'età di questi reperti archeologici, si ritiene che la
vite sia stata introdotta in Sardegna dai Fenici, durante il periodo nel quale
occuparono l'isola. Si ritiene, infatti, che l'introduzione della vitis vinifera sia avvenuta nel VII
secolo a.C., in modo particolare nelle colonie di Tharros, Othoca, Cornus,
Bithia, Karalis e Noca, tutte situate nella costa occidentale. Un'altra
importante scoperta archeologica - risalente al IV secolo
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Laboratorio enologico |
a.C., in epoca romana
- testimonia l'importanza storica del vino nell'isola. Nel 1984, nei pressi del
Nuraghe Arrubiu di Orrioli - in provincia di Nuoro - è stato ritrovato un
“laboratorio enologico” completo di tini e vasche vinarie per la fermentazione
e per la conservazione del vino. Nel corso degli scavi sono stati inoltre
ritrovati alcuni vinaccioli di varietà non identificabili.
Data la
strategica posizione geografica dell'isola nel bacino Mediterraneo, la Sardegna
è stata - nel corso dei secoli - oggetto di conquiste da parte dei Fenici,
Cartaginesi, Romani, Arabi, Aragonesi, Genovesi, Pisani e - infine - dei
Sabaudi. A causa dell'influsso delle popolazioni che si sono succedute nel
dominio dell'isola, la viticoltura e la produzione del vino ha fortemente
risentito delle tradizioni e delle culture dei diversi popoli, vivendo alterni
periodi di declino e di autentico splendore. Fra le popolazioni che hanno
maggiormente contribuito allo sviluppo dell'enologia dell'isola si ricordano
quelle provenienti dall'Egeo e dalla penisola Iberica. Si deve infatti proprio
a queste popolazioni l'introduzione di nuove e fondamentali tecniche
viticolturali ed enologiche, così come l'introduzione di nuove varietà di uva,
ancora oggi presenti in Sardegna dove svolgono ancora un importante ruolo.
Molte delle celebri uve della Sardegna - come Cannonau e Carignano - sono state
introdotte dagli Spagnoli, tuttavia il patrimonio delle uve autoctone è piuttosto interessante e
capace di produrre ottimi vini.
Un evento
fondamentale per la viticoltura della Sardegna - e per l'agricoltura - fu
rappresentato dalla promulgazione della Carta
De Logu. Fu infatti nel 1392 che Eleonora di Arborea - continuando il
lavoro del padre Mariano IV - promulgò questo

fondamentale documento che regolò
la viticoltura e l'agricoltura fino al 1827. La Carta De Logu aveva fra i suoi
obiettivi, quello di incrementare, tutelare e incentivare la coltivazione della
vite e la produzione di vino. Addirittura erano previste pesanti multe e pene
corporali per coloro che non ottemperavano alle leggi della Carta De Logu, fino
anche a prevedere il taglio della mano a chiunque incendiava vigneti o li spiantava furtivamente. Chi non
piantava vigne nelle proprie terre, queste venivano confiscate e concesse ad
altri capaci di lavorarle. Alla fine del periodo feudale, scomparve la
proprietà rurale e molte delle terre furono destinate a pascoli, poi, nel 1736
- per opera del marchese di Rivarolo - fu ripristinata la Carta De Logu,
contribuendo a rilanciare la viticoltura della Sardegna.
Fu
proprio in questo periodo che i vini della Sardegna cominciarono a divenire
conosciuti fuori dai confini della regione, in particolare il Cannonau prodotto
nelle zone di Nuoro, il Vermentino di Gallura, la Vernaccia di Oristano, la
Malvasia di Bosa, il Monica passito, il Girò, il Moscato e il Nasco. Lo
sviluppo dell'enologia di Sardegna - qui come altrove - si arrestò con l'arrivo
della fillossera: si salvarono solamente le vigne piantate in terreni sabbiosi.
Fu solamente all'inizio degli anni 1950 che la viticoltura Sarda riprese il
cammino grazie alla nascita di innumerevoli cantine sociali. In questo periodo
la produzione era attratta dalla quantità piuttosto che dalla qualità, in
particolare per vini rossi colorati e concentrati, con altra gradazione
alcolica e spesso usati per il taglio di altri vini. Con l'arrivo della
produzione di qualità - che esige basse produzioni nei vigneti - molte delle
cantine sociali e private della Sardegna hanno cessato la loro attività. Questo
evento - come in altre regioni d'Italia - ha permesso ai vini della Sardegna di
raggiungere i grandi livelli di eccellenza dei giorni d'oggi, fra questi anche
gli storici e tipici vini dell'isola prodotti con uve autoctone.
Classificazione della
Sardegna
I vini della
Sardegna sono classificati in accordo al sistema di qualità in vigore in
Italia. In Sardegna sono attualmente definite 19 zone DOC (Denominazione
d'Origine Controllata) e una DOCG (Denominazione d'Origine Controllata e
Garantita), riconosciuta al Vermentino di Gallura. La produzione della Sardegna
è piuttosto vasta e interessante: oltre a vini bianchi e rossi, nell'isola si
producono ottimi vini dolci e un vino dal sapore antico e complesso: la
Vernaccia di Oristano, che meriterebbe certamente maggiore attenzione. Le 19
DOC della Sardegna sono: Alghero, Arborea, Campidano di Terralba, Cannonau di
Sardegna, Carignano del Sulcis, Girò di Cagliari, Malvasia di Bosa, Malvasia di
Cagliari, Mandrolisai, Monica di Cagliari, Monica di Sardegna, Moscato di
Cagliari, Moscato di Sardegna, Moscato di Sorso-Sennori, Nasco di Cagliari,
Nuragus di Cagliari, Semidano di Sardegna, Vermentino di Sardegna e Vernaccia
di Oristano. In Sardegna - come nelle altre regioni d'Italia - la produzione di
vini IGT (Indicazione Geografica Tipica) è molto ricca e interessante, nei
quali le uve autoctone sono spesso unite alle cosiddette uve internazionali
Zone di Produzione
In Sardegna la vite è coltivata in tutto il territorio
della regione e molti dei vini DOC sono prodotti nell'intero territorio
dell'isola. La Sardegna dispone di un patrimonio di uve autoctone piuttosto
ricco e le uve introdotte nei secoli scorsi dalle popolazioni che ne
controllavano il dominio, sono oggi considerate uve locali. Nell'isola si
registra inoltre una presenza di uve internazionali
solitamente utilizzate nella produzione di vini aggiunte a quelle locali.
Nonostante in tutta la regione si producano diversi tipi di vini, in Sardegna
si registra una certa divisione territoriale per quanto concerne la preferenza
di produzione di certi tipi. Nella parte centrale e settentrionale si registra
una maggiore produzione di vini bianchi, mentre la produzione di vini rossi è
maggiormente concentrata nella parte meridionale dell'isola. Le principali uve
bianche della Sardegna sono: Malvasia Bianca, Malvasia di Sardegna, Nasco,
Nuragus, Semidano, Torbato, Vermentino e Vernaccia di Oristano. Fra le
principali uve rosse si ricordano: Bovale, Caddiu, Cagnulari, Cannonau,
Carignano, Girò, Monica e Nieddera
Vermentino di Gallura
L'uva bianca dalla quale si producono i vini bianchi
più celebri della Sardegna è certamente il Vermentino. Nonostante l'uva produca
ottimi vini in tutto il territorio dell'isola, la Gallura - il

territorio che
si trova nella parte settentrionale della regione - è la zona più classica e
rappresentativa. Il Vermentino di Gallura - l'unico vino DOCG della Sardegna -
è estremamente interessante, in particolare la versione superiore, che, in accordo
al disciplinare, deve avere almeno 13.5° di alcol. La caratteristica principale
di questo vino, di media struttura, è rappresentata dai suoi evidenti aromi e
sapori di mandorla. Secondo fonti storiche, il Vermentino arrivò nella Gallura
dopo il 1850, probabilmente giunto dalla Francia dopo avere transitato per la
Corsica, dove è ancora coltivato. Nella Gallura il Vermentino è l'uva
maggiormente coltivata e costituisce circa l'80% della produzione totale,
mentre il resto è principalmente rappresentato da Moscato Bianco, Bovale,
Caricagiola e Nebbiolo, la celebre uva delle Langhe piemontesi e che qui è
utilizzata per la produzione di interessanti vini rossi IGT
Cannonau di Sardegna
L'uva a bacca rossa più celebre della Sardegna - così
anche la più coltivata nella regione - è il Cannonau. Nonostante gli storici
siano tutti concordi sul fatto che il Cannonau sia stato introdotto in

Sardegna
durante il dominio degli spagnoli, non è del tutto chiaro quale sia la varietà
originale dalla quale proviene. Si sostiene infatti che il Cannonau sia
piuttosto simile al Canonazo - diffuso nell'area di Siviglia - così come al
Granaxo di Aragona e, infine - come ipotesi più diffusa - simile alla Grenache
Noir. Il Cannonau è coltivato in tutta la regione, tuttavia la zona più tipica
è quella della provincia di Nuoro, dove si trovano tre delle quattro sotto
denominazioni del Cannonau di Sardegna: Oliena, Nepente di Oliena e Jerzu. La
quarta sotto denominazione - Capo Ferrato - è situata nella parte meridionale
dell'isola in provincia di Cagliari. Il Cannonau produce vini - soprattutto
nella zona di Oliena - con gradazioni alcoliche elevate e strutture robuste,
tuttavia l'introduzione delle moderne tecnologie enologiche consente oggi di
produrre vini Cannonau eccellenti e molto equilibrati. A causa della sua bassa
acidità, il Cannonau è anche vinificato insieme ad altre uve, generalmente
autoctone, con lo scopo di migliorare l'equilibrio gustativo
Vernaccia di Oristano
La Vernaccia
di Oristano è uno dei più suggestivi vini della Sardegna e che meriterebbe una
maggiore attenzione e considerazione da parte dei consumatori. La Vernaccia di
Oristano è anche uno dei vini più antichi della Sardegna - le prime notizie

storiche risalgono al 1300 - ed è inoltre il primo vino della regione al quale
è stata riconosciuta la DOC, nel 1972. Il vino si produce con l'omonima uva
bianca, probabilmente autoctona della Sardegna. Nonostante la Vernaccia di
Oristano si consideri a pieno titolo un vino bianco, la sua produzione è
piuttosto diversa dalle tecniche enologiche per la produzione di questi vini.
La vinificazione, la maturazione e l'affinamento si svolgono ancora secondo gli
antichi metodi tradizionali, un processo che spesso fa ritenere questo vino
simile al Jerez (Sherry) spagnolo, pur tuttavia mantenendo una propria e
precisa identità. La maturazione della Vernaccia di Oristano avviene in botti
di castagno scolme, nelle quali si sviluppa una colonia di lieviti (flor) che conferiranno al vino -
dopo decine di anni - qualità organolettiche complesse e uniche. Il tempo
rappresenta il segreto principale di questo vino, poiché maturando tende a
migliorare e a esprimere straordinari aromi di mandorla, nocciola e il suo
tipico aroma di rancio
Altre Zone
Oltre alle
uve e ai vini descritti, è opportuno ricordare anche altre varietà tipiche
della Sardegna e dalle quali si producono interessanti vini. Fra questi la
celebre Malvasia di Bosa, prodotta in piccole quantità, dal sapore dolce e che
con il

tempo tende a migliorare aumentando la sua complessità e il suo fascino.
Per quanto concerne i vini dolci, sono da segnalare il Moscato di Cagliari, il
Moscato di Sardegna e il Moscato di Sorso-Sennori. Fra le uve bianche è
opportuno ricordare il Nuragus che, dopo essere stata la principale uva in
termini quantitativi dell'isola, oggi - grazie alle moderne tecniche enologiche
- è capace di produrre vini qualitativamente migliori, lontano da quelli del
passato, considerati “rustici” e
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Moscato di
Sorso Sennori |
modesti. Nella zona di Alghero vanno ricordati
i vini prodotti con uva Torbato - di origine spagnola - sia bianchi, sia
spumanti. Fra le uve rosse, è opportuno segnalare gli ottimi risultati che
negli ultimi anni si stanno ottenendo con l'uva Carignano: vini di corpo ed
eleganza che hanno da tempo conquistato i vertici dell'enologia Sarda. Altre
uve rosse interessanti della Sardegna per la produzione di vini sono la Monica,
il Cagnulari, la Nieddera e il Bovale, spesso utilizzato insieme al Cannonau e
al Carignano
La Cucina Sarda
è
un ricco e antico patrimonio di sapori; ogni area dell'isola aveva,
infatti, una tradizione propria e differente. La gastronomia odierna si
presenta, quindi, come una standardizzazione su scala macro-
regionale
di queste singole micro-tradizioni, che sì sono costituite attorno ad
un nucleo originale autoctono, legato alla cultura agro-pastorale sarda
(formaggi, carni, paste grosse), sul quale sì sono giustapposti gli
elementi alloctoni delle civiltà che hanno visitato o dominato l'isola,
come i catalani o i pisani.
Famosissimo
il pane carasau o carta di musica: è una crosta sottilissima e
croccante non lievitata, cotto due volte, è un pane a lunga
conservazione, amato dai pastori che ne recavano con loro una scorta,
non deperibile, nei periodi di transumanza. Il pane viene preparato in
vari modi ed utilizzato spesso a mo' di antipasto; il frattau e il
mazzamurru prevedono l'utilizzo di salsa di pomodoro, uovo e pecorino;
la preparazione a bruschetta, con olio e sale, prende il nome di guttiau
o istiddiau. Su kokkoi prena, reca un'imbottitura di formaggio tenero
di capra e menta sminuzzata; raccomandatissime la fainè, focaccia di
ceci con cipolla, acciughe e salcicce, di origine genovese, e la suppa
cuata, con pane, formaggio e salsa.
Altri succulenti antipasti sono l'ovu ri tunnu, la
pregiata bottarga sarda, e le cassatedde fritte di tuma, pastelle a
base di acciughe salate e tuma, un rinomato formaggio di capra.
Prelibate
e celebri sono le paste grosse od imbottite sarde: i
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culurgiones |
culurgiones,
ripieni con un impasto di formaggio pecorino, patate e menta, o anche
uova, ricotta e spinaci, possono essere serviti in bianco o col sugo; i
malloreddus, deliziosi gnocchetti, sono di solito preparati alla
campidanese, con un sugo a base di salsiccia, pomodoro, alloro,
zafferano e pecorino.
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malloreddus |
Nelle
località costiere è diffusa una sensazionale cucina a base di pesce.
Gli spaghetti con le vongole si preparano con la pregiata bottarga di
mugine. Le lorighittas, diffuse nella provincia di Oristano, sono,
invece, dei graziosi anelli formati da una sorta di spaghetti
intrecciati: vengono conditi con astice, gamberi e scampi.
La cucina sarda prevede diverse varianti di couscus, detto
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lorighittas |
fregula, a grana piccola o grossa, cucinato in vari modi: con carne,
pesce, servito freddo o col brodo. Da provare la fregula con arselle,
cucinata con un sugo a base di pomodoro e bottarga, e il cashcà di Carloforte.
Giusto
tributo alla gloriosa civiltà pastorale, quintessenziale nella
gastronomia sarda, è il porceddu, semplice maialino di latte arrostito e
servito su un letto di mirto. Altri gustosi spiedi sono i
trattalia/cordula, misto di interiora di capretto o pecora arrostite,
infilzate in alternanza
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Cordula di agnello |
col lardo che regala sapidità e nerbo; i
tacculas, tordi o quagliette infilzate nel mirto. Una ricetta molto
particolare sono i peixedddus de boi: una particolare marinatura di
zampe di bue. Molto diffuse sono le varie braci di agnello, capretto e
anche cinghiale, quest'ultimo cucinato come spezzatino e brasato nel
cannonau: un tempo i pastori cucinavano le carni a carragiu, in una buca
a terra, sulle quali si appiccava un fuoco; un sistema di cottura ormai
rarissimo a trovarsi, ma che garantisce una cottura di grande
delicatezza. Da provare la pecora in capotta del nuorese, bollita con
verdure. Come in ogni civiltà contadina sono particolarmente apprezzate
le lumache di terra (chiamate cocoiddu o boveris a seconda del dialetto)
cucinate in umido, arrosto, impanate, o condite con pecorino,
prezzemolo e aglio o col vino bianco.
Ricchissimo
il ventaglio di offerte di pesce: fra i piatti tipici
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Burrida |
non perdete la
burrida, a base di razza cucinata con una salsa fatta col fegato del
pesce unito alle noci; l'aragosta alla catalana, si condisce con
pomodoro e cipolla; il tonno alla carlofortina prevede la cottura nel
vino e nel pomodoro. Le sa merca piatto a base di muggine.
Da provare le panadas, pasta con ripieno di verdure, carni o anguille, rinomate ad Assemini.
Particolare
attenzione merita il capitolo formaggio! La Sardegna vanta, infatti,
una tradizione casearia rinomata in tutto il mondo, nonché il primato
nella produzione di formaggi di latte di pecora in Europa. Affianco ai
vari pecorini DOP, pecorino romano dop, fiore sardo dop, (pecorino sardo dop -Video le fasi di lavorazione del pecorino sardo dop) che rappresentano il grosso dell'esportazione, bisogna
segnalare all'attento turista gastronomico, una sconfinata produzione
di formaggi, freschi a pasta morbida, non stagionati, a volte
aromatizzati da muffe nobili, da spalmare: occhio ai vari Pirittas (casizolu,casizolu di montiferru,casizolu di pecora), axridda, biancospino, bonassai, brigante, caciotta sarda, caprino a pasta cruda, casu axedu (ascedo o acido), casu frazigu o becciu, casu friscu, casu spiattatu, dolce sardo, fresa sarda,
Ircano, Formaggio di colostro ovino, Pecorino di Osilo, Pecorino di
Nule; un discorso a parte merita il Casu Marzu, la cui preparazione
prevede l'utilizzo di alcune particolari larve: vietato dalle norme
igieniche comunitarie, è in corso una battaglia istituzionale che mira
alla ricommercializzazione del prodotto e alla denominazione di origine
protetta, attraverso l'utilizzo di larve provenienti da allevamenti
controllati.
Strepitoso il catalogo di dolci. Le pardulas si preparano con il semolino e la ricotta; le seadas
sono delle ciambelle
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Seadas |
imbottite di formaggio acido, fritte e innaffiate
col miele. Le aranzadas si presentano come dei pasticcini di mandorle,
arance e miele. Ancora prelibati dolci di mandorle sono i gesminus e i
candelaus.