giovedì 13 aprile 2017

Perle enologiche Italiane - Lo Sciacchetrà



La nobiltà delle origini
vigneti cinque terre
Lo Sciacchetrà nasce dall'appassimento di tre particolari vitigni: bosco (80%), vermentino (15%) e albarola (5%). Il bosco, tipico nelle Cinque Terre, ama il sole, il riverbero del mare. È considerato "un vitigno bianco dall'anima rossa". Da qui, la sua forza un po' selvatica (che gli dà il nome).
Il vermentino, diffuso in tutto il Mediterraneo nord-occidentale, si coltiva da secoli; ben maturato, dà aromi fruttati e floreali.
L'albarola vive bene a quote medio-alte. Della famiglia dei trebbiani, è diffusa nella la Riviera di Levante e nota come bianchetta genovese. Ha grappolo piccolo, acini serrati e un aroma fragrante che aggiunge eleganza ai vini.

raccolta delle uve
La prima selezione, severissima, è alla raccolta. I grappoli più maturi vengono adagiati, senza sovrapporli, in cassette che dalla vigna vengono traportate e impilate nel fruttaio. Qui si svolge l'appassimento, al buio e senza forzature, governando solo sulla apertura e chiusura delle finestre a seconda della differenza di umidità tra dentro e fuori. L'uva rimane in appassimento per circa due mesi, a seconda delle annate, durante i quali, periodicamente, le cassette vengono controllate, una per una, per scongiurare la formazione di muffe. L'ultima selezione avviene alla diraspatura, rigorosamente manuale, acino per acino. Poi, sempre a mano, si pigia l'uva, inizia la fermentazione con la
appassimento delle uve
macerazione delle bucce per circa otto giorni. Alla svinatura separate le bucce dal mosto-vino, la fermentazione continua sino ad arrestarsi con il raggiungimento di un equilibrio naturale tra zuccheri ed alcol. Prosegue l'affinamento per un anno e mezzo tra acciaio e legno a seconda delle annate.
Il mistero del nome
La tradizione vuole che sciac e trai ("schiaccia" e "lascia lì", nel dialetto dell'estremo levante ligure) sia insieme l'origine del nome e un'indicazione di come si crea questo passito letteralmente unico al mondo. Gli studiosi, invece, pensano ad etimologie più colte, come Shekar, parola armena che indica il vino offerto a Dio; altri
propongono Sakkar, saccarosio. In effetti, è probabile che i greci abbiano portato via mare anche nella Cinque Terre un antichissimo uso di tutti i popoli mediorientali: lasciar passire le uve migliori. Il nettare che ne nasceva era considerato, contemporaneamente, un dono degli dei e per li dei. Ignari di tutti questi riferimenti classici, gli abitanti dei cinque borghi lo chiamavano Refursà, cioè "rinforzato" dall'appassimento e quando nasceva un bambino gliene preparavano un corredo di fiaschi (allora era questo il recipiente).
È il grande pittore macchiaiolo Telemaco Signori
ni, a fine Ottocento, a battezzare, per la prima volta col nome Sciacchetrà questo passito, e a descriverlo perfettamente: "vengono stese al sole le migliori uve per ottenere il rinforzato o Sciaccatrà, che così è chiamato un vino forte quanto il marsala, squisitissimo, un vero liquore da beversi in piccoli bicchieri, color dell'oro più brillante".
Nonostante la sua lunghissima storia questo vino esclusivo delle Cinque Terre, è nato, come DOC, solo nel 1973.

IL prodotto
Il risultato di tanto lavoro è un'emozione, in tutti i sensi
Vista: l'ambra e il topazio sfumati sono i due colori chiave dello Sciacchetrà.
Olfatto: ricco ed unico nella sua complessità di frutta esotica, fichi con eleganti nuance di erbe aromatiche e richiami balsamici.
Gusto: molto cremoso nel gusto della frutta matura, albicocca, frutto della passione, agrumi canditi ma sostenuto da una bella mineralità e un lungo finale.
Netto il filo conduttore sapido-tannico avvolto in sensazioni grasse e vellutate. Nello Sciacchetrà Buranco, il rapporto tra sapidità, acidità, tannicità e dolce è così equilibrato che gli permette di non essere mai stucchevole; cosa importante per un passito.
Ultimamente, lo Sciachetrà Buranco ha acquistato un estimatore

d'eccezione: il presidente USA Obama, che lo ha assaggiato (e molto gradito) insieme agli altri grandi della terra, al G8 dell'Aquila.
Abbinamenti ideali: sono estremamente vari; pasticceria secca, pandolce genovese, formaggi di pecora stagionati, erborinati, fegato d'oca passato in padella con lo stesso vino.

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